Ora guardiamo al futuro
Ora guardiamo al futuro.
di Gregorio Iannaccone
E fu così che senza preavviso un popolo di santi (anche se la specie è in via di esaurimento per carenza di vocazioni), poeti (schiera sempre più fitta su Facebook) e di navigatori (chiusi nei porti per le roboanti ordinanze di governatori d’assalto) è diventato un popolo di esperti in pandemie…
Nessuna telefonata può iniziare e concludersi senza un’analisi approfondita delle statistiche giornaliere, su morti, guariti, proiezioni, ipotesi di uscita dalle abitazioni, di box di plexiglass tra gli ombrelloni sulle spiagge assolate…
Da un po’ di tempo ormai anche la più grande e capillare industria del paese, la scuola, ha dovuto chiudere i battenti dappertutto. Aveva già chiuso parecchio per le vacanze natalizie, le elezioni, le disinfestazioni, il primo fiocco di neve, l’annuncio della pioggia torrenziale, il vento troppo forte…
Stavolta ha chiuso perché non poteva farne a meno e una moltitudine di soggetti si è trovata disorientata a gestire un presente mai immaginato…
Alunni dispersi si sono rapidamente equiparati ai più assidui frequentatori di aule scolastiche, hanno scoperto che poi la scuola non era così male, coi suoi ingressi affrettati, le liberatorie uscite rumorose, il tempo della ricreazione, la possibilità di scambiarsi parole, sorrisi, i primi baci…
La sorpresa iniziale, la gioia improvvisa per una nuova vacanza inaspettata hanno poi lasciato spazio agli interrogativi che gradualmente si imponevano. Occorreva ridisegnare la propria vita per un lasso di tempo indefinito, con le certezze di una volta che i grandi non riuscivano più a dare…
Accanto alla generosa schiera di medici, infermieri, operatori sanitari si è collocata una marea di gente di scuola che si è rimboccata le maniche, si è interrogata sul proprio destino professionale, si è preoccupata degli studenti, che sono la ragione per cui esiste la scuola e per cui si percepiscono gli stipendi…
Prima ancora che Il Ministero riuscisse a pensare a qualcosa, a definire nuove norme e immancabili circolari, dirigenti scolastici e docenti erano in prima linea, lasciando perdere quei pochi che invocavano l’adeguamento contrattuale e mettevano i bastoni tra le ruote per nobilitare qualche misera occasione di nullafacenza…
Tanti ragazzi hanno risposto subito all’appello, sono stati contenti di non essere stati abbandonati, come i vecchi negli ospizi delle ricche produttive realtà del paese, come i morti poveri d’America sepolti nelle fosse comuni…
Le scuole continuano a distribuire tutto quello che hanno agli studenti che non possedevano attrezzature adeguate, lo Stato ha opportunamente provveduto ad assegnare nuovi fondi per incrementare la possibilità di seguire da casa lezioni, così come la televisione si è ricordata che può dare una mano alla crescita culturale dei cittadini e non soltanto propinare trasmissioni di acclarata stupidità…
Certamente ancora tanto ci sarà da fare, curare soprattutto quelli che non possono, evitare la creazione di una nuova dispersione. Bene stanno facendo aziende, banche, parrocchie, privati a regalare le strumentazioni necessarie ai bisognosi. Lo Stato dovrà continuare a fare la sua parte, concentrando le risorse su questi aspetti, superando gli sprechi, evitando di fornire i libri di testo alle famiglie che hanno redditi altissimi e possono permetterselo.
Molti docenti hanno segnalato la volontà di devolvere il proprio bonus per la formazione all’acquisto di attrezzature per i bisognosi… Non è una cattiva idea, basterebbe accreditare alle scuole la somma liberamente destinata per questa nobile finalità.
Qualche bella sorpresa è arrivata: docenti che faticavano ad interessare gli alunni, che a volte non riuscivano a gestire un clima sereno e positivo in classe, mettendo a frutto le competenze professionali hanno caricato programmi interessanti che hanno motivato anche chi era più distratto e annoiato…
E così genitori meno impegnati negli interminabili chiacchiericci davanti alle scuole, per scambiarsi le ultime notizie del giorno e della notte, si sono ritrovati a seguire i propri figli e ad apprezzare quanto gli insegnanti generosamente si prodigano a fare…
Perché il bravo docente è messo alla prova, sta vivendo un periodo di impegno più grande e difficile, ancora più gravido di responsabilità. In questo momento storico in cui la generosità è ridiventato un valore, il ruolo della scuola è fondamentale più che mai, ha il senso della speranza, del futuro…
Molti dirigenti scolastici hanno ridotto ancor più i loro spazi privati, perché la gestione di novità così importanti sul piano amministrativo e didattico richiedono riflessione attenta, oculata analisi delle scelte innovative e coraggiose che si vanno a fare, per garantire il funzionamento e la conclusione delle attività per quest’anno che certamente si chiuderà con gli alunni fuori dalle aule e per il prossimo che comincerà con mille incognite e tanti nuovi problemi da affrontare…
E’ venuta fuori una consapevolezza nuova, che travalica l’immediato presente. Una consapevolezza diffusa, che unifica le viziate e interessate polemiche quotidiane. Il futuro dell’umanità non potrà esserci se non si investirà in maniera più convinta e reale sulla scuola, sulla ricerca. Sono beni immateriali che diventano poi l’essenza della vita, l’unica possibilità di salvezza nelle contingenze mai immaginate, nelle voragini che si aprono l’una dietro l’altra…
E però va fatto un serio esame di coscienza, va ricordato che scuola e sanità hanno subito i tagli più pesanti negli ultimi anni e la distrazione della gente è stata tanta, più propensa a credere alle favole che politici improvvisati dispensano generosamente a buon mercato e ai pericoli incombenti che arriverebbero dai barconi barcollanti sul mare…
La gestione dell’emergenza scolastica è stata buona, ma adesso è anche tempo di pensare al futuro, non possiamo pensare che la lezione col web possa sostituire l’aula scolastica, la sua ricchezza di rapporti e di emozioni. E’ tempo di pensare alla scuola e alla sua capacità di trattare tutti allo stesso modo, coi ragazzi nello stesso ambiente, non dispersi tra stanzette confortevoli e bassi affollati e vocianti, tornare alla democrazia, superare l’eccezionalità del momento…
Apprendo con piacere che gli alunni della Danimarca stanno rientrando a scuola, sono stato con loro qualche mese fa, erano così allegri, disinvolti, a loro agio negli ambienti scolastici, informali nei rapporti con gli adulti, protagonisti consapevoli dei loro spazi, della loro vita…
Possiamo anche qui sperimentare aperture programmate, soprattutto dove gli spazi sono tanti e i ragazzi sono pochi… Se è cominciata a svilupparsi la lezione a distanza, dobbiamo rendere più utile e accattivante la didattica della presenza, della vicinanza che è comunanza…
La scuola ai tempi del Coronavirus non deve reprimere il pensiero, come sta facendo col fisico costretto al ritiro forzato, anzi la riflessione più pacata, distesa, prolungata può sprigionare idee nuove, più audaci, più vicine ai bisogni delle nuove generazioni.
La primavera vissuta in casa può dare nuovo slancio all’innovazione, alla riforma dal basso della nostra scuola.
E dall’alto non dovrebbero arrivare solo proclami, ma inviti alla collaborazione, al dialogo, al confronto, alla condivisione delle pratiche, che prima di essere buone per autodefinizione degli interessati, devono essere saggiamente validate.
Un futuro di speranza, perché mai dobbiamo cedere all’allarmismo interessato. Questa emergenza sta dimostrando che siamo buoni cittadini, meglio di come credevamo noi e più di quanto gli altri immaginavano. Ci stiamo comportando bene perché ci siamo convinti, non perché ci hanno messo paura.
Il Coronavirus ci ha strappato anche Luis Sepúlveda, e ci piace ricordare qui un suo messaggio di ottimismo: “Nella tua vita avrai molti motivi per essere felice, uno di questi si chiama acqua, un altro si chiama vento, un altro ancora si chiama sole e arriva sempre come una ricompensa dopo la pioggia…”