Una legge dello Stato disapplicata a propria insaputa?
Una legge dello Stato disapplicata a propria insaputa?
di Francesco G. Nuzzaci
(in pubblicazione nella rivista Scuola & Amministrazione)
L’argomento, investendo le annuali operazioni di mobilità dei dirigenti scolastici, potrebbe ritenersi di rilevanza circoscritta nella sfera dei diretti interessati. Tuttavia riteniamo che meriti l’attenzione del Lettore quale esempio, piuttosto inusuale, di come una legge dello Stato possa essere disapplicata dall’Amministrazione in via interpretativa.
Il riferimento è al decreto n. 157 del 14 maggio 2021, sulla consistenza complessiva dei dirigenti scolastici per il 2021-2022, firmato dal ministro dell’Istruzione, prof. Patrizio Bianchi, vogliamo credere a sua insaputa: indubbiamente un affabile conversatore ma che, nella circostanza, si è evidentemente fidato della tecnostruttura che lo assiste (o dovrebbe assisterlo) e quindi senza esaminare il testo sottopostogli, perché astretto nelle incessanti urgenze quotidiane.
Il passaggio cruciale del decreto in parola è quello che, nelle premesse, richiama i commi 978 e 979 dell’articolo 1 della legge 178/2020; che, sebbene per il solo anno 2021-2022, riducono i parametri minimi di normo-dimensionamento delle istituzioni scolastiche, come già definiti dalla legge 111/2011, da 600 a 500 alunni ovvero da 400 a 300 nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, e stanziano le inerenti risorse per dotare queste istituzioni scolastiche, pari a 370, di un proprio dirigente e di un proprio DSGA.
Commi visti sì, nel preambolo di rito, ma radicalmente fraintesi, in spregio agli elementari canoni che presiedono all’interpretazione delle leggi e che sono da assumersi di agevole acquisizione per uno studente al primo anno di giurisprudenza, in caso contrario destinato a una sonora bocciatura.
Diciamo, radicalmente fraintesi e, aggiungiamo, inesorabilmente ridondanti sulla non meno confusiva nota annuale per il conferimento degli incarichi dirigenziali licenziata dalla Direzione generale del personale.
Ridotta all’osso, la questione sta nei seguenti termini: la legge vuole che 370 istituzioni scolastiche abbiano per l’anno 2021-2022 un proprio dirigente e un proprio direttore dei servizi generali e amministrativi a tempo pieno; il ministro dell’Istruzione dice che invece non possono averli!
Ci permettiamo allora di ribadire il criterio basico dell’interpretazione letterale, del “significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” e da cui dedurre “l’intenzione del legislatore”, come dispone l’articolo 12 delle c.d. preleggi, anteposte al codice civile.
Ben si vedrà che il comma 978 ha sempre per soggetto le “istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 500 unità” ovvero inferiore a 300 nelle zone in deroga.
Sempre nel primo dei due periodi di cui si compone è scritto che per il 2021/2022 queste saranno attribuite in reggenza a dirigenti titolari di incarico in altre istituzioni scolastiche autonome.
E nel secondo si dice che “alle istituzioni scolastiche autonome di cui al primo periodo” – cioè con un numero di alunni inferiore a 500/300, il soggetto è sempre quello! – non potrà parimenti essere preposto un direttore dei servizi generali e amministrativi titolare (“in via esclusiva”, il che è lo stesso), ma assegnato in comune con altre istituzioni scolastiche con decreto del direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale o del dirigente non generale titolare del medesimo.
Ne riviene, a contrariis, che tutte le altre istituzioni scolastiche autonome da 500/300 alunni insù dovrebbero – devono! – avere, per legge, un proprio dirigente e un proprio DSGA, ancorché limitatamente al solo anno scolastico 2021-2022, dunque con un contratto a termine, non trattandosi di sedi consolidate e quindi non costituenti organico, che perciò non possono comportare nessun incremento delle facoltà assunzionali ovvero la possibilità di assumere a tempo indeterminato: senza bisogno che lo puntualizzasse la relazione di accompagnamento, ritenuta decisiva dall’Amministrazione ma ex se priva di qualsivoglia valenza normativa.
Insomma, il Legislatore statuisce che, sia pure per il solo anno scolastico 2021-2022, delle attuali 512 sedi sottodimensionate 370 siano attribuite in via esclusiva a un loro dirigente e a un loro DSGA. Che invece un loro dirigente e un loro DSGA non li avranno e saranno trattate esattamente come le 142 istituzioni scolastiche autonome che permangono sottodimensionate poiché non raggiungono neanche i nuovi parametri minimi 500/300!
Il Legislatore avrebbe così parlato invano, e invano avrebbe stanziato le corrispettive risorse finanziarie nel successivo comma 979 (13,61 milioni di euro per il 2021 e 27,23 milioni di euro per il 2022).
Eppure non sarebbe stato un compito improbo realizzare la sua volontà.
I dirigenti cui affidare in via esclusiva le 370 istituzioni scolastiche sarebbero stati attinti dall’ancora capiente graduatoria nazionale dell’ultimo concorso e secondo il loro ordine, con la stipula di un contratto annuale; che dal 2022-2023, con la loro immissione in ruolo, lo si sarebbe trasformato in triennale, come previsto nell’articolo 19, comma 2 del D. Lgs. 165/2001: magari in quella stessa scuola se la misura della legge 178/2020 nel frattempo fosse stata resa strutturale, oppure – secondo consolidate serie storiche – in una delle 500 e oltre sedi normo-dimensionate libere annualmente per pensionamento dei titolari e ben superiori alle 370 che qui ne occupa.
E allo stesso modo si sarebbe potuto procedere per i DSGA presenti nelle graduatorie concorsuali regionali, laddove vi fossero e/o non risultassero esaurite, altrimenti ricorrendosi al conferimento di supplenza annuale, secondo i consueti meccanismi.
Se poi, per un’imperscrutabile congiuntura, nell’anno scolastico 2022-2023 non si dovesse procedere in assunzioni in ruolo, i soggetti tratti dalle graduatorie concorsuali ritornerebbero nelle rispettive posizioni.
A normativa vigente e alla luce di criteri di ordine logico – ispirati ai principi di non contraddizione, di utilità semantica, di coerenza sistematica – non vi è altra soluzione che non sia quella di procedere alla stipula di un contratto di durata annuale per queste 370 sedi: a meno che non si decida – come si è deciso – d’ignorare una legge votata dal Parlamento della Repubblica!
Va da sé che queste sedi sarebbero disponibili per la mobilità territoriale – nella regione e, nel limite massimo del 30%, come da CCNL, tra regioni – sempre con contratto annuale, dato che non può considerarsi risolutiva l’ipotesi, già prospettata dall’Amministrazione e ripresa in un emendamento presentato dall’onorevole Villani, di rendere triennale la misura figurante nel più volte citato comma 978, per farla corrispondere alla normale durata dell’incarico prevista dal predetto articolo 19, comma 2 del D. Lgs. 165/2001: che, peraltro, di pari grado nella gerarchia delle fonti, sarebbe comunque cedevole rispetto alla sopraggiunta nuova norma, prevalente anche e soprattutto in ragione del suo carattere speciale e vieppiù temporaneo, in disparte che già la disciplina generale contiene un’eccezione, riferita ai dirigenti che saranno obbligatoriamente collocati in quiescenza prima del decorso del minimale canonico triennio.
Non sarebbe risolutiva perché sempre d’incarico e/o contratto ad tempus si tratta, all’opposto se invece la misura fosse resa medio tempore strutturale, vale a dire senza predeterminati limiti di durata.
Incidentalmente, sarebbe poi da rimarcare come la fallacia in cui il ministro è incorso, o in cui i propri collaboratori l’hanno fatto incorrere, è altresì in clamorosa contraddizione con i suoi condivisibili propositi di rinforzare “l’autonomia costituzionale delle istituzioni scolastiche” e allo stesso tempo respingere un dono del Legislatore – sia pure, allo stato, temporaneo – che offre, per 370 di esse, due indispensabili figure professionali: un loro responsabile legale a tempo pieno e un loro, altrettanto a tempo pieno, necessario collaboratore preposto al servente apparato amministrativo.
Pensiamo dunque che il decreto ministeriale va ritirato, dopo essere stato trasmesso al competente Ufficio centrale di bilancio per il controllo preventivo di regolarità contabile (si presume con esito positivo) e alla Corte dei conti per il controllo preventivo di legittimità (che invece non dovrebbe essere per nulla scontato, essendosi in presenza di una clamorosa violazione di legge).
Il ministro dovrebbe quindi:
1. inviare ai suoi competenti uffici una direttiva per la conforme e urgente riscrittura della circolare sulle operazioni di attribuzione degli incarichi dirigenziali, conferme, mutamenti, mobilità interregionale con decorrenza 01/09/2021;
2. sostenere nella sede parlamentare preposta un emendamento al decreto legge 73/2021, c.d. sostegni-bis, per trasformare in strutturale la misura contenuta nell’articolo 1, commi 978 e 979 della legge 178/2020.;
3. profondere un fattivo impegno, con il necessario coinvolgimento dell’intero Governo, nel promuovere – e potendo fare affidamento sulle cospicue risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza – un intervento legislativo al fine di cancellare lo stesso concetto di scuola sottodimensionata: che ben può sostituirsi alle inerzie o alle resistenze delle regioni (l’ultima testimonianza si trova proprio nel preambolo del suo decreto) per quanto attiene all’organizzazione del servizio nel territorio, inclusivo del dimensionamento delle istituzioni scolastiche, secondo la sentenza della Corte costituzionale n. 200/2009 che riconosce allo Stato il potere legittimo di creare unilateralmente, se necessario e con stringenti motivazioni, “strutture organizzative omogenee … in deroga al riparto delle competenze non solo legislative, ma pure amministrative”.
E infine dovrebbe pure domandarsi se i comportamenti dei suoi diretti collaboratori e dei dirigenti dei competenti uffici – chi si sente leso vada dal giudice, dopodiché si eseguiranno le sue decisioni – siano conformi all’obbligo imposto a ogni dirigente pubblico, ancor più se riveste posizioni di vertice e/o di notevole rilevanza, di servire la Repubblica con impegno e responsabilità, di rispettare la legge e i principi di buon andamento dell’attività amministrativa, di perseguire gli obiettivi di qualità dei servizi e di miglioramento dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche, e tali essendo anche le 370 istituzioni scolastiche: qui gratuitamente depotenziate anziché essere sostenute.