Cara Emma
Cara Emma
di Maurizio Tiriticco
Al convegno “Nulla dies sine linea” oggi 28 novembre sono stati presentati gli esiti di una iniziativa condotta in alcune scuole primarie della Provincia sull’apprendimento linguistico. Ho partecipato e ho voluto ringraziare gli organizzatori dell’evento, i professori Emma Nardi e Benedetto Vertecchi, del Laboratorio di Pedagogia Sperimentale dell’università di RomaTre, con la seguente lettera.
Cara Emma! Caro Benedetto! Grazie per la bella mattinata e per le “cose” che state facendo! Si tratta di questioni su cui oggi c’è un silenzio assordante (almeno così percepisco) e sulle quali, invece, negli anni Settanta e Ottanta lavoravamo, sulla scorta delle tante sollecitazioni, da Manzi a Don Milani, per non dire dei classici, Chomsky e De Saussure, per non dire delle suggestioni di Escarpit, degli analitici inglesi e delle funzioni di Jakobson. E c’erano pure i nuovi programmi del ’79 e dell’85 (la “grande” Falcucci), in cui l’educazione linguistica era trattata con rilievo e con alto profilo culturale (ricordo le 5 definizioni dell’’85; e ricopio: “nessuna definizione globale può esaurire la complessità del fenomeno linguistico…”). Allora con i seminari con Laporta e nelle scuole come ispettore mi occupavo di educazione linguistica. Ero stato affascinato da Bernstein e dai “reattivi” grafici che utilizzava per sollecitare produzione linguistica e verificare la natura e la struttura dei codici, ristretto o elaborato. Erano anche gli anni delle prime 150 ore! Ora sono una routine per prendersi un po’ di riposo!!! Per me si trattò di una grossa intuizione: sollecitazioni iconiche, quindi senz’altro “comprensibili” a vista, a cui si rispondeva con il linguaggio simbolico, difficile e complesso. Capirete benissimo: un conto è la banana oggetto, o foto o disegno, “universalmente” comprensibile, altro conto è la parola, o meglio le mille parole nelle mille possibili lingue. Insomma la pipa di Magritte (ho saccheggiato la sua produzione allora per produrre reattivi; quest’estate a Bruxelles “mi sono ripassato” le sue opere) non è una pipa, ma il disegno di una pipa. Oggetti reali, disegni, foto, sono COSE, le parole non sono cose, ma SIMBOLI… E i reattivi servivano a questo: sollecitare con una situazione grafica, una strisca, alla Bernstein, la risposta simbolica. Sono cose che ho anche scritte nelle mie prime pubblicazioni… Ora avverto una decadenza nell’insegnamento linguistico: cose che in quegli anni sembravano conquiste certe ora sono disperse! Si insiste con queste grammatiche come LIBBBRI di testo, sempre più ponderosi e inutili! La grammatica non è un LIBRO: è una cosa “altra” rispetto alla produzione linguistica, è la produzione linguistica stessa! Il LIBRO di grammatica è un impedimento, non uno stimolo! La grammatica non si studia, si costruisce. La mia polemica con gli amici dell’Invalsi, quando chiedono se in un dato periodo la subordinata è una finale o una consecutiva! Ma che importa la definizione! E’ la funzione che conta!!! La grammatica è quella che c’è nella testa di ciascuno di noi!!! Perché ciascuno di noi è anche un parlante. C’è quella povera e quella ricca. Il bambino, quando supera le prime lallazioni, dice “mamma pappa”, e magari anche “cacca” – le prime tre parole – costruisce i primi legami logici che poi con il tempo diventano “mamma, ho fame”… “mamma, mi scappa la cacca”. L’avete detto anche voi! In effetti, ci sono parole che DICONO, nomi, verbi, banana, cavallo, mela, computer, mangiare, bere, e parole che SERVONO, articoli, preposizioni, congiunzioni. Il, se, ma, di, con non “dicono” assolutamente nulla. E il discorso è una costruzione logica e finalizzata di tanti mattoncini di parole che dicono e parole che servono! “Io male letto” diventa “Io sto male e voglio andare a letto”. Per non dire della pausazione, che non si vede, ma che c’è e che nella composizione scritta dobbiamo imparare a utilizzare! Il miracolo della lingua che giorno dopo giorno si costruisce, PERO’ se il “bagno” in cui il nuovo nato è immerso (Laurence Lentin, Vigotskij, se volete) è “ricco”, se l’attante, in genere la madre, sa usare la lingua. Quante suggestioni mi avete dato! E quanti ricordi! Confesso che vi ho anche invidiato! Sono stato felice stamane! Allora… non tutto è perduto! Vorrei tanto che la vostra esperienza venisse pubblicizzata e generalizzata il più possibile! Mi sono stufato di sentire da parte di tanti insegnanti – e soprattutto delle superiori… cosiddette – solo lamentele! E’ vero che la lingua oggi è maltrattata, ma è anche vero che, se… se damo da fa’, come disse un papa, si può recuperare il tempo perduto. E che la Buona scuola sia una scuola Migliore e, soprattutto, Diversa! Un abbraccio grosso così! E un grazie più grosso!