Incarichi ai dirigenti scolastici per l’anno 2022-2023: la tempesta perfetta scatenata dal Ministero dell’istruzione
Incarichi ai dirigenti scolastici per l’anno 2022-2023: data: la tempesta perfetta scatenata dal Ministero dell’istruzione (*)
di Francesco G.
Come temevamo si sono avverate le più fosche previsioni, con la replica del copione di un anno fa da parte delle sfere ministeriali che hanno ri-dato mostra di insensibilità politica, di incompetenza tecnica e attenendosi ai rigorosi canoni di una burocrazia difensiva, chi si sente leso vada dal giudice e poi mi adeguerò alla sua decisione: dal primo inquilino di Viale Trastevere, che a breve toglierà il disturbo senza aver suscitato – pensiamo – soverchi rimpianti, alla servente tecnostruttura che invece, in larga sua composizione, rivedremo all’opera poiché – pur volendo ardentemente essere smentiti – non sarà chiamata a rispondere del disastro di cui è corresponsabile.
Per il vero, dopo aver già disapplicato una legge votata dal Parlamento della Repubblica e predisponendosi a farlo una seconda volta (rispettivamente leggi 178/2020 e 234/2021), l’Amministrazione ha avuto un barlume di (semi)resipiscenza davanti alla reiterata volontà del legislatore (legge 79/2022) espressa in inoppugnabili termini testuali; semi-resipiscenza nel senso di aver ottemperato a metà, acconsentendo che le 469 sedi provvisoriamente ridimensionate sui parametri minimi di 500 alunni (300 nelle c.d. zone in deroga) per un ulteriore biennio (2022/2023 e 2023/2014) concorressero nelle operazioni di mobilità regionali e interregionali, ma non “per il conferimento di ulteriori incarichi sia per i dirigenti scolastici sia per i direttori dei servizi generali e amministrativi”, senza che anche qui la legge parli di immissione in ruolo o di incarichi a tempo indeterminato.
Con furbesca ipocrisia, ma di corto respiro, dopo aver essa a lungo cincischiato, ha pensato bene di poter scaricare le proprie responsabilità (o, per meglio dire, la propria inefficienza) sul MEF, chiedendo l’autorizzazione (con nota prot. 57855 del 05.07.2022) ad assumere nei ruoli sia le 371 unità per rimpiazzare i pensionamenti e quindi reintegrare l’organico strutturato dei dirigenti scolastici, sia – e ben sapendo di non poterla ottenere – per assumere sempre nei ruoli le complessive 228 unità rimanenti nella graduatoria del concorso nazionale del 2017 e in quella del precedente concorso regionale del 2011 per la sola Campania, a copertura di parte delle 469 scuole temporaneamente ridimensionate.
Una richiesta autorizzativa soddisfatta per le prime,” non essendoci osservazioni da formulare”, ma palesemente irricevibile per le seconde, avendo dovuto rispondere l’interloquito Ministero dell’economia e delle finanze che la pluricitata legge 178/2020 non consente ex litteris – così come non lo consentono le leggi 234/2021 e 79/2022, che l’hanno integrata – di assumere a tempo indeterminato o a immettere in ruolo, se più piace.
Sicché, in luogo del risibile tentativo di salvarsi l’anima, e proprio per avere applicato la legge a metà (anziché, paradossalmente, continuare ad ignorarla del tutto), l’Amministrazione ha scatenato la classica tempesta perfetta, indirizzando agli uffici scolastici regionali il succedaneo decreto direttoriale, seguito da Avviso, di contenere le nuove assunzioni nel limite delle 317 unità autorizzate dal MEF, secondo la loro ripartizione che registra zero posti in Sicilia e un deficit di -2 in Abruzzo, – 9 in Calabria, – 36 in Campania, -15 in Puglia: perché assorbiti – e superati – dalla previa mobilità interregionale, mentre si sarebbero realizzati il fisiologico equilibrio e l’altrettanta fisiologica disponibilità di nuovi posti sol se si fosse doverosamente applicata nella sua interezza la legge 79/2022, assegnandosi ad incarico temporaneo le 469 sedi ridimensionate.
Per una riprova della sciagurata decisione ministeriale si può trarre esempio dalla Puglia – ma lo stesso vale nelle regioni poco sopra evidenziate – dove a fronte del -15 assunzioni saranno conferite ben 54 reggenze, per la stragrande maggioranza in scuole dimensionate sui nuovi provvisori parametri e qualcuna di esse con oltre i 600/400 alunni (quindi strutturalmente dimensionata) per quel meccanismo di compensazione (non potendosi superare la cifra autorizzata delle 317 assunzioni) dovuto alla mobilità di dirigenti già in ruolo su scuole di 500/300 alunni perché ritenute più comode o per altre personali ragioni.
E i danni sono molteplici, a catena.
Saranno danneggiati gli aventi diritto all’immissione in ruolo che dovranno emigrare fuori regione, costretti a contendersi le 317 sedi disponibili anziché scegliere tra 317+469 e così evitando, tutti o quasi, l’esilio.
Saranno compressi nel loro diritto di avere subito un incarico, sia pure a termine, i 228 soggetti ancora presenti nelle graduatorie, che si sarebbero esaurite e con parimenti fondate possibilità che restare nella propria regione; mentre dovranno attendere ancora un anno (o più, per i soggetti campani della graduatoria del concorso 2011) e, allo stato, prefigurandosi una loro incerta collocazione territoriale.
Saranno, non meno, penalizzate le tante istituzioni scolastiche che pur avendo diritto a un proprio DS e un proprio DSGA, ma che lo si è negato, resteranno semiabbandonate, potendo solo contare sulla presenza continuativa di un surrogato costituito dal docente collaboratore esonerato dal servizio (o due docenti in semi-esonero), peraltro non tutte perché non può oltrepassarsi la soglia di 397 (art. 1 , comma 83-bis della legge 107/2015, introdotto dall’art. 45, comma 2 del D. L. 36/2022, convertito dalla legge 79/2022).
Eppure un percorso virtuoso non sarebbe stato ostico.
Si sarebbe potuto procedere con un’operazione contestuale del conferimento degli incarichi su tutte le sedi strutturalmente dimensionate ex legge 183/2011 (317) e provvisoriamente dimensionate ex legge 178/2020 (469), per evitarsi che i corrispondenti 317 soggetti in ordine di graduatoria avessero una collocazione deteriore rispetto ai colleghi che vi seguono, nel momento in cui – prioritariamente – avviene l’immissione in ruolo.
Nel caso che le operazioni – contestuali – non avessero potuto concludersi entro il 31 agosto, si sarebbe cautelativamente fatta salva per tutti la decorrenza giuridica dall’1 settembre 2022 ed economica dalla presa di servizio.
Nello specifico, i primi 317 aventi diritto all’immissione in ruolo, qualora avessero scelto sedi provvisoriamente dimensionate, alla scadenza del biennio 2022-2023 e 2023-2024 sarebbero stati considerati perdenti posto nelle operazioni di mobilità. Mentre i soggetti collocati in graduatoria dopo i predetti 317 immessi in ruolo, se al termine del biennio di incarico precario, non avessero trovato capienza nelle sedi risultanti strutturalmente dimensionate lasciate libere dai pensionamenti (mera ipotesi di scuola, dato che queste ultime saranno di gran lunga superiori, secondo consolidate serie storiche), sarebbero ritornati – sempre teoricamente – nelle rispettive posizioni in graduatoria.
Per quanto detto l’Amministrazione avrebbe dovuto indirizzare – o semplicemente comunicare – al MEF subito una riformulata autorizzazione integrativa a stipulare contratti biennali provvisori con 469 DSGA o facenti funzione (con gli strumenti normativi pregressi, espressamente disponibili) e con i 228 DS fino ad esaurimento delle graduatorie concorsuali di riferimento: con la stipula di un provvisorio contratto biennale avente come fonte legittimante il combinato disposto delle leggi 178/2020, 234/2021 e 79/2022, derogatorie ad tempus della generale disciplina codificata nell’articolo 19, comma 2, D. Lgs. 165/2001, che comunque prevede – nel successivo comma 6 – la possibilità di conferire incarichi dirigenziali precari accanto all’immissione nei ruoli organici e perciò da questa distinti. E non sarebbero occorsi di certo minuziosi e defatiganti calcoli per non splafonare dagli inerenti 123,87 milioni di euro già resi disponibili per il periodo 1 settembre 2022/31 agosto 2024.
Conclusivamente, se sulla mobilità si è esaurita la materia del contendere, dovrà costringersi l’Amministrazione a eseguire anche la seconda parte della legge: che le sedi ridimensionate devono essere disponibili “per il conferimento di ulteriori incarichi sia per i dirigenti scolastici sia per i direttori dei servizi generali e amministrativi”.
Per i soggetti interessati a reagire a un autentico sopruso consumato in loro danno è di conforto quel chiaro passaggio della sentenza del giudice del lavoro di Cassino, n. 225/2022, laddove scrive che il comportamento dell’Amministrazione “è privo di fondamento”, poiché – all’opposto di quanto da essa sostenuto – “dalla piana interpretazione del dettato normativo discende che tutte le sedi scolastiche eccezionalmente normodimensionate per l’anno scolastico 2021/2022, in relazione alle quali vi è stato uno specifico stanziamento di risorse finanziarie … devono avere un proprio dirigente scolastico”. E nel caso specifico sottoposto alla sua cognizione – vertente sulla doglianza, accolta, di un dirigente cui era stata negata la mobilità interregionale sulle sedi in parola – l’ha altresì condannata, per il principio della soccombenza, alle spese del giudizio liquidate in euro 3.645,00, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15%. Spese che, ovviamente, pagheranno i contribuenti.
(*) Sintesi di un più articolato lavoro in pubblicazione su Dirigere la scuola, Euroedizioni, Torino