L’acquisizione delle competenze non cognitive nei processi di formazione degli studenti
L’acquisizione delle competenze non cognitive nei processi di formazione degli studenti
di Mario Di Maio
“La capacità emozionale è indispensabile alla messa in opera di comportamenti razionali”. ( E.Morin , I sette saperi necessari all’educazione del futuro).
La recente crisi di Governo, con lo scioglimento delle Camere, ha interrotto l’iter parlamentare di numerosi provvedimenti legislativi e tra questi il Disegno di legge n.2372, discusso nella Camera dei Deputati ed approvato nel gennaio di quest’anno, trasmesso poi al Senato per la definitiva convalida, che stabiliva l’introduzione nei diversi gradi di scuola dell’insegnamento di competenze non cognitive.
La necessità di elaborare un Documento parlamentare che trattava di tale argomento, al difuori dello stop dovuto allo scioglimento delle Camere, e dell’eventuale, successiva ripresa nell’ambito dei lavori del nuovo Parlamento, costituisce uno spunto significativo per innescare, nell’ambito del dibattito pedagogico, una riflessione sulle competenze non cognitive.
Le finalità di tale inserimento, recitava il Disegno di legge, erano la promozione della cultura della competenza, l’integrazione dei saperi disciplinari e le relative abilità fondamentali e il miglioramento del successo formativo attraverso la prevenzione degli “analfabetismi funzionali, della povertà educativa e della dispersione scolastica”.1
L’intervento legislativo rivelava, ancora una volta, la scarsa conoscenza, da parte dei nostri (ex) Deputati e Senatori, degli aspetti pedagogici, psicologici e metodologici che costituiscono i significati di “senso” dei Documenti normativi e programmatici che regolano gli assetti ordinamentali delle nostre Istituzioni scolastiche.
In attesa di esponenti parlamentari più competenti relativamente alle conoscenze dell’assetto culturale e pedagogico della realtà scolastica ( sic!) , è opportuno aprire un’ampia “ finestra” sul significato di competenze non cognitive, di cui, nel Documento Legislativo, si davano dei chiarimenti poco significativi o, addirittura, negli altri passaggi del Documento, si richiamava ad un lavoro successivo di definizione “La sperimentazione di cui al comma 1 è finalizzata: all’individuazione delle competenze non cognitive il cui sviluppo è più funzionale al successo formativo degli alunni e degli studenti”.2
Per un primo accenno alle incongruità contenute nel Documento si può far riferimento all’articolo di Lucio Cottini del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università Carlo Bo di Urbino, in cui l’illustre pedagogista, ricordando alcune delle competenze non cognitive indicate nel Disegno di legge, sottolinea che esse sono “elementi connessi alla dimensione cognitiva, affettivo-emozionale e sociale…di fatto non sono scindibili dal pensare, operare e partecipare”.3
In un altro articolo, Santo Di Nuovo, Presidente dell’AIP (Associazione italiana Psicologi) denuncia l’impostazione degli aspetti concettuali delle competenze non cognitive, affermando “come se cognitivo ed emotivo-affettivo fossero realtà separate”. 4
COSA SONO LE LIFE SKILLS
Nel Disegno di Legge non è precisato se le competenze non cognitive si possano identificare con le Life Skills ma il continuo riferimento alle problematiche che il loro “ insegnamento” dovrebbe portare a risoluzione, fa intendere che esse possono essere assimilate a quegli stili di vita che conducono a comportamenti positivi e di adattamento, che rendono capaci di affrontare in modo efficace le sfide che la vita ogni giorno pone sulla nostra strada, di gestire l’ansia e le situazioni conflittuali, di agire nei riguardi degli altri con quella che Goleman definisce preoccupazione empatica.5 Nei Documenti dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) esse vengono definite come”… le competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni”6. La descrizione data implica che le competenze che possono essere comprese nelle Life Skills sono quasi incalcolabili anche se esaminandole più in profondità, “emerge l’esistenza di un nucleo fondamentale di abilità che sono alla base delle iniziative di promozione della salute e del benessere di bambini e bambine e degli adolescenti.” 7 Il nucleo fondamentale delle Life Skills, identificato dall’OMS, è costituito da 10 competenze che possono essere raggruppate secondo 3 aree:
–EMOTIVE- consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress;
-RELAZIONALI – empatia, comunicazione efficace, relazioni efficaci;
-COGNITIVE – risolvere i problemi, prendere decisioni, pensiero critico, pensiero creativo.
L’OMS motiva l’acquisizione e l’applicazione in modo efficace delle Life Skills per il raggiungimento di un “benessere mentale “che incrementa la nostra motivazione a prenderci cura di noi stessi e degli altri, la prevenzione del disagio mentale e dei problemi comportamentali e della stessa salute in generale. Le “competenze per la vita” possono condizionare il nostro modo di porci nell’ambito della relazione intra-personale e di quella con gli altri ed il modo con cui le altre persone si relazionano con noi. Le Life Skills entrano nella costruzione della nostra percezione di auto-efficacia intesa come il giudizio che ciascuno di noi si dà circa la propria capacità di riuscire a portare a termine determinati compiti. L’autoefficacia comporta sia la possibilità di raggiungere uno scopo, sia la perseveranza davanti alle difficoltà.8 Esse sono fondamentali per la crescita e per la tenuta dell’autostima, intesa come il prodotto che scaturisce dalle interazioni con gli altri, che si crea durante il corso della vita come una valutazione riflessa di ciò che le altre persone pensano di noi e che, a sua volta, attiva la fiducia in noi stessi. Le Life Skills sono state prese in considerazione e, quindi, definite, anche dal mondo del lavoro, in cui, però, c’è una sorta di “peccato originale”, nel senso che più che pensare alla loro acquisizione per una crescita integrale della personalità di ogni bambino e bambina e degli adolescenti, vengono viste in funzione di un’efficiente attività lavorativa. In questo contesto si preferisce il termine di NCS (Non Cognitive Skill). Esse comprendono:
– la creatività;
– la flessibilità;
– la capacità critica;
– il problem solving;
– la resilienza;
– la comunicatività;
– la capacità di lavorare in gruppo.
Alcune delle competenze indicate vengono anche definite character skills. Esse, infatti, appaiono nei primi anni di vita, condizionano l’apprendimento e le abilità lavorative, come afferma Hackman nel suo testo del 2014. La letteratura che s’interessa di dare un quadro più preciso non ci aiuta molto, in quanto non abbiamo un’unica tassonomia di riferimento, ma esistono più frame work a livello internazionale. L’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) ha dato un ulteriore contributo alla discussione sulle NCS, elaborando un modello chiamato “Big Five” che individua appunto cinque dimensioni principali: collaborazione, esecuzione di un compito, regolazione delle emozioni, ingaggio con gli altri e apertura mentale. Queste, però, sono ancora influenzate dall’esigenza del reclutamento del personale in ambito lavorativo, in quanto vengono “misurate” nei contesti lavorativi, attraverso l’utilizzazione dei test relativi al “Big Five” che può essere utile in diverse fasi: dall’orientamento professionale, all’assunzione, ma anche per valutare le potenzialità dei candidati e la predisposizione di piani di avanzamento, comunque tutti aspetti che continuano a riguardare il mondo delle aziende. Un apporto di tipo più psicologico alla discussione di una definizione delle competenze non cognitive è quello offerto da Daniel Goleman che, nel suo libro, “A scuola di futuro”, ci riporta in una dimensione più prettamente educativa, in cui sottolinea, per una significativa educazione sociale ed emotiva, che gli alunni devono pervenire al possesso di una serie di cinque abilità. Esse sono:
– l’autoconsapevolezza;
– l’autogestione;
– l’empatia;
– le abilità sociali;
– le capacità decisionali.9
Per Goleman l’autoconsapevolezza è la capacità di concentrarsi su sé stessi, sul proprio mondo interiore, per cercare di comprendere il nostro modo di agire, il diventare edotto dei nostri sentimenti ed emozioni, di come utilizzarli nelle relazioni con gli altri, attraverso un’azione di autogestione dei propri modi di essere e di fare. L’empatia è, invece, la capacità di sintonizzarsi sugli altri, di comprendere le emozioni e i sentimenti di chi si relaziona con noi, comprendendo, quindi, il loro modo di vedere la realtà. “Questo genere di empatia conduce alla cura degli altri e alla capacità di lavorare insieme: elementi fondamentali delle relazioni efficaci e connesse”.10 Le abilità sociali comprendono un insieme di comportamenti, con abitudini, emozioni e pensieri che sono integrati in essi. Esse influenzano la generazione della comunicazione tra le persone. Inoltre, se ben utilizzate, promuovono l’instaurazione di uno stato di benessere riscontrabile sia a livello personale sia comunitario. Comprendono l’assertività intesa come la capacità di agire e di esprimere le proprie opinioni e idee, instaurando un rapporto di reciproco rispetto nei riguardi dei sentimenti altrui, la capacità di lavorare insieme agli altri per un traguardo comune, l’empatia, l’ascolto attivo e il rispecchiamento. Un’attenzione particolare viene riservata all’apprendimento delle capacità che fanno delle persone dei buoni decisori. Nell’ambito del testo, l’altro autore di “A scuola di futuro”, Peter Senge, sottolinea che questa competenza non è di facile illustrazione, in quanto essa deve prendere in considerazione l’aspetto sistematico di ogni situazione che lo studente e l’individuo in generale si trovano ad affrontare. Senge sottolinea che, fortunatamente, ognuno di noi possiede, geneticamente, un’intelligenza sistematica, che, però dev’essere coltivata. “La nostra prima relazione è con la Madre Terra; tutte le altre vengono formate da questa”11
LA SCUOLA E I DOCUMENTI PRGRAMMATICI
Una riflessione, ormai decennale, sui contenuti delle Indicazioni Nazionali sul Curricolo per la Scuola dell’infanzia e per il Ciclo primario, mette in evidenza che quelle che il Disegno di legge individua come competenze non cognitive, proponendone il loro insegnamento, sono presenti a pieno titolo nell’ambito dei Documenti programmatici, anzi ne costituiscono la struttura portante. La Scuola pubblica che persegue, come finalità generale, “lo sviluppo armonico e integrale della persona, all’interno dei principi della Costituzione italiana e della tradizione culturale europea, nella promozione della conoscenza e nel rispetto e nella valorizzazione delle diversità individuali …”12 e i riferimenti alla centralità dell’allievo che apprende, l’ integralità della persona, l’ integrazione dei saperi, l’orientamento e l’autorientamento, lo sviluppo di competenze di cittadinanza fanno parte del quadro più generale delle Life Skills come le abbiamo declinate.
Gli stessi Documenti sulla conoscenza della Commissione europea, nell’ambito della dichiarazione delle competenze chiave per l’apprendimento permanente, elencano quattro competenze, delle otto, che sono essenzialmente delle NCS. La Competenza personale, sociale e la capacità di imparare a imparare riprendono quelle soft skills che si esplicitano nella capacità di riflettere su sé stessi, di gestire efficacemente il tempo e le informazioni, di lavorare in gruppo per pervenire ad un traguardo comune e di esercitare la giusta resilienza nelle difficoltà che si vivono nella propria esistenza.
La Competenza in materia di cittadinanza riguarda quei principi che si devono poi trasformare in atteggiamenti e azioni che presiedono alla solidarietà, all’empatia, alla comprensione dei rapporti sociali. Quella imprenditoriale si riferisce alla comprensione delle strategie necessarie per implementare un progetto, alla sua esecuzione, alle modifiche da apportare per un migliore raggiungimento dei risultati. La Competenza in materia di consapevolezza ed espressione culturali implica la conoscenza di quei processi relativi al riconoscimento della propria identità, quindi dell’appartenenza a un certo contesto socio-culturale e sviluppa atteggiamenti di confronto e di comprensione di altri sistemi culturali.13 Le altre competenze-chiave che potremmo definire cognitive o, in senso lato tecniche, sono però strettamente intrecciate alle NCS.” Gli strumenti di autogesione e autoconsapevolezza offerte dall’ Educazione sociale ed emotiva migliorano qualsiasi tipo di apprendimento”14. Infatti la stessa competenza digitale presuppone l’interesse per le tecnologie informatiche ed una serie di conoscenze ed abilità relative al loro utilizzo per apprendere, lavorare e partecipare alla società.
In questa rassegna dei Documenti ministeriali che testimoniano che la Scuola è da molto tempo consapevole del suo compito di far acquisire a scolari e a studenti le Life Skills è l’esame della certificazione delle competenze che dev’essere compilata alla fine della classe quinta e al termine del ciclo primario.
Essere in grado di ricercare nuove informazioni, impegnarsi in nuovi apprendimenti, anche in modo autonomo, avere cura e rispetto di sé, degli altri e dell’ambiente, rispettare le regole condivise e collaborare con i compagni e gli altri descrittori elencati in questo modello ed in quello per la certificazione per la Scuola secondaria di primo grido, rispecchiano, significativamente, le NCS che sono l’oggetto di una formazione integrale.
Un ultimo accenno dev’essere fatto prendendo in considerazione le recenti Linee-guida per la compilazione dei giudizi descrittivi nell’ambito della valutazione nella Scuola Primaria. I criteri per l’attribuzione dei diversi livelli dell’apprendimento prendono in considerazione quattro dimensioni fondamentali: l’autonomia che l’alunno dimostra nello svolgimento delle diverse attività, la continuità che mette in campo nell’esecuzione dei vari compiti, la capacità di ricorrere a risorse esterne relativamente a quelle fornite nell’ambito scolastico, il saper fronteggiare una situazione di apprendimento nuova, tutte competenze non cognitive, che fanno da sfondo all’attività di formazione dei discenti. 15
COME INSEGNARE LE LIFE SKILLS
La domanda che (una volta avremmo detto!) sorge spontanea è la seguente: le Life Skills si possono insegnare come le altre materie? E’ possibile ipotizzare “l’ora di “empatia” o quella di “resilienza”? Una prima risposta è che alcune di esse, come quelle che abbiamo indicate nell’esempio, le possiamo sviluppare in opportuni ambienti di apprendimento e attraverso opportune metodologie didattiche. Non ha senso occuparsi dell’insegnamento delle NCS considerandole come delle discipline; l’aspetto essenziale è una forte integrazione con ciò che s’insegna a scuola. Una progettazione accurata delle attività didattiche consente di utilizzare i momenti d’insegnamento proprio per sviluppare dei contenuti disciplinari integrandoli con attività finalizzate all’acquisizione di competenze non cognitive.
Una recente ricerca realizzata dal Dipartimento Istruzione e Cultura della Provincia Autonoma di Trento, sintetizzata in una presentazione avente come titolo “Misura, didattica e valutazione delle competenze non cognitive”, arriva, attraverso un percorso di ricerca su un campione rappresentativo di scuole e di classi, alla conclusione che non si può pensare alle competenze non cognitive in modo isolato.16 Esse possono essere considerate sia delle acquisizioni a livello individuale ma influenzano anche i livelli sociali e istituzionali. Le competenze non cognitive sono” educabili” e potenziabili nell’ambito dell’esperienza scolastica.17
Da un punto di vista più strettamente metodologico-didattico, l’attività scolastica che più è adeguata all’acquisizione di alcune Life Skills è l’utilizzazione dei compiti di realtà, in quanto mettono “in gioco” le competenze degli alunni non legate strettamente a compiti di tipo cognitivo.
I compiti di realtà sono attività per risolvere problemi posti da situazioni concrete, che mettono in gioco conoscenze, abilità e competenze personali.18
Costituiscono delle attività di apprendimento che hanno una connessione diretta con il mondo reale e richiedono agli alunni la capacità di pensare le conoscenze in modo integrato [“le une con le altre”] e di ragionare su cosa stanno facendo e come lo stanno facendo.
La loro implementazione viene effettuata attraverso varie fasi:
– Presentazione di una situazione/problema di tipo concreto, legato all’esperienza degli alunni o con il quale essi possano, comunque, confrontarsi;
– Confronto dialogico tra gli studenti e il docente con la proposta delle strategie di soluzione
– Pianificazione delle attività con la previsione di lavorare in gruppo, non tralasciando la possibilità di contributi personali;
– Esecuzione delle attività previste attraverso attività di ricerca-azione, consultazione di testi e documenti cartacei e multimediali;
– Valutazione e autovalutazione dei risultati raggiunti; Riflessione sui processi attivati dagli studenti;
– Presentazione del prodotto ed il racconto del processo, solitamente a persone esterne alla classe.
In questa sommaria esposizione dell’implementazione di un compito di realtà nell’ambito dell’attività didattica, le Life Skills che possono essere acquisite e consolidate, come la capacità di confrontarsi con gli altri, quella della resilienza che si sviluppa nei “ normali” conflitti di opinioni e di idee, gli aspetti di empatia che si realizza nelle modalità di comunicazione e di relazione tra gli studenti e il docente e i docenti, sono soltanto alcune delle competenze non cognitive, delle tante, che si possono conseguire. Un altro aspetto nell’ “insegnamento “delle Life Skills è quello di avviare delle attività relative all’educazione emotiva. Essa ha l’obiettivo di sviluppare competenze emotive, cioè quelle conoscenze, abilità, capacità e attitudini necessarie a prendere coscienza, consapevolezza delle proprie emozioni, di saperle esprimere e controllare. Lo studio di queste competenze costituisce l’ambito che è stato sintetizzato nel concetto di intelligenza emotiva: un termine descritto in psicologia nel 1990 da due psicologi statunitensi, John Maiese e Peter Salovey e reso celebre da Daniel Goleman.19 Gli studi di questi scienziati hanno, ancora una volta, portato alla conclusione che non ci può essere una cesura tra competenze cognitive e Life Skills. “Guidare i bambini a riconoscere e prendere contatto con le proprie emozioni può aiutarli a essere più sereni, collaborativi, meglio disposti all’apprendimento”20
IL RUOLO DEI DIRIGENTI E DEI DOCENTI
L’implementazione delle attività didattiche volte all’acquisizione, da parte degli studenti, delle Life Skills comporta una piena accettazione dei valori e dei principi sopra-enunciati. Essa, però, richiede anche l’esplicitazione concreta di modalità relazionali che coinvolgono i Dirigenti, i docenti nell’ambito della loro attività individuale nei confronti degli alunni e tra di loro, nei rapporti con i genitori e con il più ampio contesto socio-culturale in cui agisce la Scuola. In altri termini agli allievi bisogna fornire un modello di comportamento che tenga conto di elementi di empatia, di collaborazione, di condivisione da parte degli insegnanti, in quanto, agendo diversamente, fornirebbero uno stridente esempio d’incoerenza.
In questo processo il dirigente scolastico assume un ruolo di grande importanza nel consigliare ai docenti una relazionalità che fornisca agli alunni i giusti appigli per l’acquisizione delle Life Skills. Egli deve esplicitare, utilizzando anche lo strumento della lettera d’indirizzo che si compila all’inizio dell’anno scolastico, gli aspetti teorici e pratici per l’acquisizione delle competenze non cognitive, sottolineando il rapporto virtuoso tra esse e gli aspetti cognitivi relativi ai processi di apprendimento. Deve invitare i docenti al confronto su queste problematiche, promuovendo, eventualmente, corsi di aggiornamento.
A questo proposito anche le attività di formazione rivolte agli insegnanti dovranno svolgersi con modalità nuove e particolarmente pianificate. A fronte di limitati input teorici, occorreranno strategie concrete d’intervento per il consolidamento delle competenze relazionali e per quelle relative alle altre Soft Skills su cui basare gli interventi didattici innovativi. I giochi di ruolo, quelli di simulazione e le esercitazioni psicosociali, insieme a dei momenti di riflessione critica e di compilazione di un diario di bordo dovrebbero costituire le strategie principali per le attività di formazione.
In questo contesto il dirigente dovrebbe incoraggiare l’implementazione di percorsi di ricerca-azione, in cui i docenti possano diventare protagonisti dei percorsi d’innovazione.21
Essi, in quanto i diretti proponenti delle strategie metodologiche e didattiche da implementare nell’ambito delle attività d’insegnamento/apprendimento, hanno un ruolo fondamentale per i buoni esiti di un’efficace acquisizione delle Life Skills da parte degli studenti, un compito di grande impegno ed estremamente complesso. Esso comporta un vero e proprio cambiamento di rotta, dalla lezione frontale ad un approccio metodologico che consenta agli allievi di affrontare in modo critico le situazioni problematiche, di mettere in campo opinioni e soluzioni, di verificare e di valutare gli esiti delle proprie azioni, di lavorare in gruppo e così via.
Per un’esemplificazione concreta del modo di procedere per il conseguimento delle Life Skills possiamo far riferimento alle iniziative svolte nell’ambito del Progetto della Provincia di Trento già citato. Prima di tutto occorre che i docenti effettuino una prima classificazione delle competenze non cognitive differenziandole per poter progettare specifiche attività. Ad esempio, nel progetto la classificazione prevedeva di prendere in considerazione quelle relative alla personalità, come l’estroversione, la stabilità emotiva, ecc., il capitale psicologico che comprende la resilienza, la speranza e l’ottimismo e la motivazione con i suoi diversi aspetti. La ricerca presenta un punto di vista di grande importanza in quanto ha determinato quali di esse possano essere “educabili”, come, ad esempio, le emozioni e quali, invece, presentano una bassa “formabilità”, come tutto ciò che riguarda gli aspetti genetici della personalità.
Il lavoro si è poi tradotto, anche per poter trasferirlo in altri contesti, in una serie di attività concrete, come seminari, sperimentazioni e pubblicazione di poster che possono essere individuati come elementi di partenza per ulteriori attività di ricerca.22
Le conclusioni che possiamo trarre dalle considerazioni fin qui elaborate sono che le competenze non cognitive possono essere “educabili”, ma il loro “insegnamento” non può essere distinto da quelle cognitive. Occorre una forte integrazione con ciò che s’insegna, in modo tale da sviluppare i contenuti disciplinari tenendo conto degli aspetti non cognitivi, avendo, sempre, come finalità la formazione integrale della persona.
1Disegno di Legge n.2493 del 12/04/2022, Senato, “ Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l’istruzione degli adulti, nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale”
2 ibidem
3 Lucio Cottini, Competenze non cognitive a scuola, in Psicologia e Scuola, maggio-giugno 2022, Giunti, Firenze
4 Santo Di Nuovo , Competenze trasversali e life skills: si possono insegnare a scuola?, ibidem
5 Peter Senge, Daniel Goleman, A scuola di futuro, 2017, BUR Rizzoli, Milano,
6 LIFE SKILLS EDUCATION FOR CHILDREN AND ADOLESCENTS IN SCHOOLS, OMS, 1997
7 idem
8 A.Bandura, Autoefficacia. Teoria e applicazioni, 2000, Erckson, Trento
9 D.Goleman, P.Senge, A scuola di futuro, 2017 Rizzoli editore, Milano
10ibidem
11 ibidem
12 Indicazioni nazionali per il Curricolo, 2012, MIUR
13 RACCOMANDAZIONE DEL CONSIGLIO del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente
14 ibidem
15 O.M. n.172 del 4/12/2020 Valutazione periodica e finale degli apprendimenti delle alunne e degli alunni delle classi della scuola primaria. Linee Guida, MI
16 Francesco Pisanu, “ Misura, didattica e valutazione delle competenze non cognitive”, Provincia Autonoma di Trento, 2020 in Non cognitive skills: la materia oscura che muove lo sviluppo – Fondazione per la Sussidiarietà (sussidiarieta.net)
17 ibidem
18 Catalogo Zanichelli
19 D.Goleman, Intelligenza emotiva, Che cos’è e perché può renderci felici
20 F.Celli, Lavorare con le emozioni a scuola, in Psicologia e scuola, n11, Settembre ottobre 2022, Firenze, Giuntiscuola
21 Dpr 275/99 sull’Autonomia
22 Francesco Pisanu, “ Misura, didattica e valutazione delle competenze non cognitive”, Provincia Autonoma di Trento, 2020 in Non cognitive skills: la materia oscura che muove lo sviluppo – Fondazione per la Sussidiarietà (sussidiarieta.net)