Febbraio 15

La giustizia riparativa a scuola

giustizia riparativa1La giustizia riparativa a scuola
di Daria Parma

 Un numero crescente di scuole in Italia e, tra queste, l’istituzione che dirigo, ha introdotto, nella gestione dei conflitti, il paradigma della giustizia riparativa.
Cosa vuol dire?

Tradizionalmente i conflitti esplodono a scuola con insulti o episodi di aggressione verbale o fisica verso compagni o adulti, con danni alle strutture o ai materiali scolastici; sono determinati da opposizione esplicita o, anche, da semplice trascuratezza rispetto alle consegne o alle regole del vivere in comunità. Vengono usualmente affrontati dalla scuola con il mezzo della sanzione, il cui peso è direttamente proporzionale alla gravità del gesto o dell’inadempimento.

Da una prospettiva meramente retributiva, il male provocato viene sanato con un male, analogo per impatto, che è destinato all’autore della trasgressione. Anzi, è previsto che tutte le scuole si dotino di un codice di disciplina che enuclei le diverse trasgressioni e le corrispettive sanzioni.

Questo sistema di contrappeso tra torti e punizioni, strutturato per sanare il danno provocato, nel tempo ha, però, dimostrato una notevole fragilità nella capacità di rispondere alla domanda di giustizia formulata dalla vittima, dalla comunità e, persino, dal responsabile dell’atto.

Infatti, la vittima, che ha sperimentato, tramite l’aggressione o la privazione subita, una perdita, non tanto, o non solo, nei propri averi, ma soprattutto nella propria identità sociale, così come la comunità che ha vissuto, nell’urto, un venir meno della sicurezza e una frattura nelle relazioni, non vengono “sanate” dai rimproveri, dagli avvertimenti e nemmeno dalle sospensioni comminati al responsabile. Anzi, la richiesta di ricevere benessere e cura rimane totalmente inascoltata e il percorso di crescita della comunità si arresta o fa un passo a ritroso.

Analogamente, chi ha generato l’urto vive talvolta l’imposizione della punizione come un atto ingiusto, totalmente slegato dal contesto dell’evento, incomprensibile.Il Consiglio di classe e il Dirigente che stabiliscono tale punizione diventano, dunque, simboli di ingiustizia, in quanto portatori di un potere sanzionatorio che appare esercitato arbitrariamente.  Oppure, se la sanzione viene vissuta dall’autore come un evento irrilevante, per l’inconsistenza dei danni personali subiti, vi è il rischio che la sanzione stessa finisca con il confermare il ruolo di leader negativo dell’alunno, accreditandone l’influenza distruttiva nei confronti della vittima e persino della comunità.

Analizzando la gestione scolastica del conflitto, emerge che l’ingiustizia o l’indifferenza di cui gli alunni partecipi al conflitto si sentono oggetto, derivi sostanzialmente dall’essere esclusi dal percorso che muove dall’accertamento dei fatti, all’attribuzione delle responsabilità, fino alla definizione delle sanzioni, di cui si fanno interamente carico gli adulti di riferimento.

Nella scuola questa estraniazione, che blocca gli alunni in causa al momento dell’esplosione del conflitto e alla contrapposizione generata, impedisce a qualunque dei partecipanti di rielaborarne gli esiti. Non prevede, dunque, che responsabile, vittima e comunità si applichino alla gestione dei fatti e delle conseguenze  facendo uso dell’impegno e  della responsabilità che sono centrali nei processi educativi e nei percorsi di crescita.

I ragazzi vengono lasciati fuori dal conflitto, o meglio, dai danni provocati e dalle strategie per porvi rimedio.

Il paradigma della giustizia riparativa, invece, mette al centro la cura, ovvero promuove l’attenzione di tutte le persone coinvolte nel conflitto intorno alla percezione dei diversi vissuti emotivi e alla loro presa in carico e rielaborazione.

Attraverso la narrazione e l’ascolto delle esperienze legate al conflitto, le diverse parti – vittime, responsabili e comunità – sperimentano, non i torti e le ragioni, ma le situazioni e le conseguenze emotive vissute da ciascuno, definiscono i valori che sono stati messi a rischio da tale frattura e si impegnano, se possibile, a proporre atti di riparazione per restituire benessere e centralità a chi ha vissuto lacerazioni e isolamento.

Le strategie della giustizia riparativa, ovvero i percorsi che mettono al centro i bisogni delle persone, ferite dall’urto, e promuovono la ricerca, da parte di chi ha causato tali ferite, di pratiche che, non solo ne favoriscano la ristorazione, ma consentano, nel contempo, alla comunità di rinsaldare i legami o generarne di nuovi, si fondano sul ruolo competente dei mediatori, che preparano e accompagnano l’incontro delle parti.

I mediatori garantiscono che l’incontro avvenga in una situazione protetta, in cui a ciascuna delle parti siano dati tempo e possibilità per raccontarsi in modo corretto e rispettoso dell’altro, tutelano la confidenzialità e la riservatezza di quanto espresso, e promuovono la libertà di ciascuno, assicurando che ogni persona, ove a disagio nel confronto, possa, in qualunque momento, sospenderlo o abbandonarlo.

Il ruolo dei mediatori non è affatto quello di ricercare la verità, ma di promuovere l’ascolto empatico delle parti. Dando un nome alle emozioni generate, in ciascuno, dalla dinamica dall’incontro, i mediatori possono consentire alle parti stesse sia di esprimere e riconoscere i vissuti messi in gioco dall’urto e condivisi nello scambio sia di interrogarsi sul significato dei valori che lo scontro ha messo in crisi. Il riconoscimento delle emozioni di ciascuno e la definizione dei principi morali sconvolti può consentire di proporre dei gesti riparativi. L’impegno ad un comportamento riparativo per l’altro, ove venga preso, conclude la mediazione e fonda una nuova relazione.

Attraverso l’incontro promosso dalla mediazione, i ragazzi a scuola sono, dunque, avviati ad affrontare la pluralità di prospettive che la comunità include e all’importanza della condivisione; si abituano a farsi carico, con responsabilità e impegno, delle conseguenze di prese di posizione e azioni puramente individualistiche. Si allenano, infine, a riconoscere e a praticare i rimedi necessari a mettere in sicurezza le relazioni. Si preparano a riconoscersi, non come oggetto delle decisioni prese da altri, ma come membri attivi di una comunità e responsabili del suo funzionamento, della sua manutenzione, e del benessere di tutti.

La scuola, dal canto suo, si accredita come soggetto nella formazione dei giovani alle competenze della cittadinanza attiva.


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Posted 15 Febbraio 2023 by admin in category articoli