Mal di scuola (Dalla Scuola del malessere alla Scuola del ben-essere)
Mal di scuola1 (Dalla Scuola del malessere alla Scuola del ben-essere)
di Mario Di Maio
“La scuola è un’istituzione che fa star male quelli che ci lavorano” (Piero Romei, Guarire dal “mal di scuola”)
1.PREMESSA.
I nuovi piani relativi all’attuazione del PNRR nell’ambito dell’istruzione, ancora una volta, mettono l’accento più sulle questioni burocratiche, sulla compilazione pedissequa di format, sull’individuazione di strumentazioni, ecc.… che sulle impostazioni pedagogiche e didattiche che tengano conto del sempre più forte disagio che si coglie nelle nuove generazioni che frequentano la scuola e che richiederebbero la reiterazione di questioni educative e metodologiche che, in qualche modo, possano costituire una risposta al malessere psicologico degli studenti. Una recente indagine, svolta nell’ambito della Regione Emilia-Romagna “Tra presente e futuro. Essere adolescenti in Emilia-Romagna nel 2022”, delinea con una certa accuratezza scientifica il quadro del “sentire” dei ragazzi dagli 11 ai 19 anni, andando ad intervistare un campione di oltre 15.000 giovani. “Dalle interviste esce un ritratto di gruppo di adolescenti che denunciano effettivamente un significativo grado di malessere e di disagio di cui soffrono, ma al tempo stesso attraverso le loro risposte fanno capire quanto siano anche competenti e consapevoli dei problemi strutturali che attanagliano la nostra società, i loro amici un poco più grandi e le loro famiglie.”. 2
In questa situazione i processi di crescita e di formazione degli adolescenti sono appesantiti dalle preoccupazioni che attanagliano non soltanto loro ma l’intero contesto socio-culturale in cui essi vivono. Il panorama che essi intravedono si prospetta denso di crisi e di precarietà: l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia da Covid 19, non ancora definitivamente debellata, il conflitto scoppiato nell’Europa dell’Est, quasi alle porte del nostro Paese e la possibilità di un suo allargamento, l’emergenza climatica sempre più incombente costituiscono quegli elementi che, in psicologia, vengono definiti stressori, cioè quei fattori capaci di far insorgere condizioni di forte disagio personale. 2.IL “MAL DI SCUOLA” In tutto questo la Scuola dovrebbe costituire l’ambiente in cui le tensioni si stemperano, ci si accosta a queste problematiche per conoscerle meglio e fornire gli strumenti per gestirle. Non è cosi, o, almeno, non sempre è così. Il quadro tracciato dalle risposte al questionario emiliano, purtroppo, sottolinea che l’istituzione scolastica aggrava ancora di più quelle difficoltà legate al vivere quotidiano. “Dall’indagine regionale attuale, emerge uno stato ansiogeno, molto più forte di quanto ci si potesse aspettare che caratterizza fortemente tutte le scuole di ogni ordine e grado coinvolte nella ricerca. I livelli di ansia e preoccupazione denunciati dal campione dei giovani dagli 11 ai 19 anni sono tali da far ritenere che la scuola sia diventato sicuramente un luogo di malessere, capace per osmosi, di riflettersi nella prospettiva di un futuro incerto che toglie ogni illusione alla possibilità di realizzare i propri sogni e i propri progetti di vita” 3
Situazioni a confronto
I dati così raccolti vanno ad identificare una differenza molto consistente tra i diversi ambienti di vita che vedono nella famiglia il luogo in cui predominano sentimenti di fiducia e di gioia, rispetto alla scuola in cui i sentimenti provati dagli studenti sono particolarmente negativi. È implicito che i dati desunti dal report sul benessere (o meglio sul malessere) individuale condizionano pesantemente le prestazioni scolastiche. Le recenti teorie sull’intelligenza emotiva, in cui si dichiara l’intima connessione tra aspetti cognitivi ed emozioni per il successo formativo degli allievi, costituiscono un importante contributo alla comprensione che la noia, la tristezza e l’insicurezza gravano pesantemente sull’apprendimento, ostacolandolo. L’ansia deriva dal sentimento di non essere all’altezza della performance richiesta, avviando, così, un circolo vizioso tra l’impossibilità di fronteggiare i sentimenti negativi e il distress che ne deriva.
Il disagio psicologico è quantitativamente molto elevato e l’ansia non diminuisce con il crescere dell’età, anzi è piuttosto rilevante negli studenti degli ultimi anni che dovrebbero essere maggiormente protetti dall’esperienza scolastica sostenuta. Un altro dato da sottolineare sono i forti livelli di ansia registrati dagli studenti dei Licei e che, per certi aspetti, sono indicativi e strettamente collegati ai fenomeni della dispersione scolastica che viene segnalata per quell’indirizzo di studio.
Un’ ulteriore riflessione sullo stato psicologico degli adolescenti è fornita dall’indagine effettuata dalla “Rete degli studenti medi” che costituisce un vero e proprio “sindacato” giovanile, che ha l’emblematico titolo “Chiedimi come sto. “Il 60% degli intervistati ha dichiarato di avere un disagio mentale. Il 66% è demotivato e il 55% dice di non provare quasi mai allegria e serenità”4. La salute degli studenti e delle studentesse, inoltre, è in pericolo in quanto è molto comune l’uso di sostanze antidepressive per affrontare la giornata scolastica e, in modo particolare, le interrogazioni. La professoressa Daniela Lucangeli, ordinario della cattedra di Psicologia dello sviluppo all’Università di Padova ed esperta di psicologia dell’apprendimento, nei numerosi testi da lei pubblicati e negli interventi a convegni e sui social media, ha più volte sottolineato la grave situazione di ansia e di depressione in cui si trovano bambini ed adolescenti anche a causa della frequenza scolastica. Ella individua in alcuni aspetti specifici delle attività d’insegnamento la radice del disagio psicologico delle giovani generazioni. L’” ingozzamento cognitivo”, la warm cognition, le continue procedure relative alla valutazione costituiscono degli elementi concreti dell’azione dei docenti che possono provocare situazioni d’ansia. L’” ingozzamento cognitivo” continua ad essere l’obiettivo ultimo delle attività d’insegnamento delle discipline nonostante tutti i richiami che si possono rinvenire nei Documenti ministeriali. “I docenti sono chiamati non a insegnare cose diverse e straordinarie, ma a selezionare le informazioni essenziali che devono divenire conoscenze durevoli, a predisporre percorsi e ambienti di apprendimento affinché le conoscenze alimentino abilità e competenze culturali, metacognitive, metodologiche e sociali “5 Occorre, quindi, fare un’operazione di scrematura, mettendo in primo piano gli aspetti essenziali delle varie discipline, quelli che fino a qualche tempo fa, prendevano il nome di “saperi essenziali”, scartando, così la tentazione di far acquisire agli alunni le conoscenze dell’”Universo mondo”, per una conoscenza “ enciclopedica” che sarà sempre carente e sterile di fronte alla possibilità che hanno gli studenti di accedere al mondo d’Internet per compulsare siti e testi e così accrescere “ ad libitum” la propria istruzione.
La warm cognition (che si può tradurre con apprendimento caldo) è quella situazione in cui gli aspetti apprenditivi e quelli emozionali s’intrecciano, per cui lo studente associa la nozione acquisita all’emozione che ha provato in quel momento. Se essa è negativa perché conseguenza di un rimprovero o di un giudizio poco lusinghiero, ogni qual volta verrà ripescata dalla memoria si attiverà nuovamente il vissuto emotivo corrispondente di inadeguatezza o, addirittura, di paura, con gravi conseguenze a livello di autostima dello studente. Se l’apprendimento è, invece, collegato ad un’esperienza positiva, ad esempio ad una gratificazione da parte del docente, esso sarà più efficace. “Ne consegue allora che se le emozioni sono legate all’apprendimento, la scuola si rivela come un ambiente estremamente e potenzialmente ricco di stimoli emotigeni”6.
Un altro fattore che la professoressa Lucangeli indica come un probabile fattore che provoca un certo disagio negli studenti è quello costituito dalla “continua e costante e non lieve”7 valutazione che porta ad un giudizio sugli allievi, che, frequentemente, ricade sulla loro personalità piuttosto che sulle competenze che hanno acquisito.
Mario Lodi, nel lontano 1967, affermava che “Nessun problema mi mette in difficoltà come questo (la valutazione N.d.A.). La mia incapacità a esprimere con un numero quella complessa realtà che è il bambino a scuola, ha diverse motivazioni, che voglio qui spiegare perché i genitori capiscano che non si tratta di un atteggiamento contestatore di moda, ma di un problema che coinvolge la concezione che l’educatore ha dell’uomo e della società in cui vive, e la sua stessa coscienza”8.
A livello più empirico e di senso comune, sono rivelatori del disagio provato dalle nuove generazioni, nel frequentare l’istituzione scolastica, i numerosi articoli pubblicati, ormai quasi quotidianamente da giornali e riviste.
A riprova di questo disagio, spesso favorito da uno spirito di competizione, in alcuni casi sostenuto dai docenti, talvolta gli studenti rispondono con l’utilizzazione di tranquillanti contro l’ansia che, per esempio, insorge per le interrogazioni, come viene riportato in un articolo del quotidiano “Repubblica” del 25 gennaio 2023. “Benzodiazepine e gocce di fiori di Bach contro l’ansia da prestazione a scuola, per superare un compito in classe o un’interrogazione senza rischiare un attacco di panico. È il nuovo metodo dei liceali per approcciarsi a una verifica senza agitarsi e andare nel pallone. Il fenomeno degli “aiutini” è scoppiato dopo il lockdown, quando i giovani sono tornati a fare lezione in presenza dopo mesi di isolamento nella loro cameretta (ammesso che ne avessero una) e di didattica a distanza”9.
3. L’INTERVENTO DELLA SCUOLA
Le situazioni descritte non devono ridursi alla semplice constatazione che le nuove generazioni sono fragili, non abituate ad affrontare le difficoltà e i disagi che la Società odierna mette sul loro cammino come su quello di tutti gli adulti nel loro impegno esistenziale. Le stesse considerazioni si possono fare anche per quanto riguarda alcuni aspetti dell’attività scolastica come le interrogazioni o le procedure relative alla valutazione e al giudizio sulle competenze acquisite nel corso dei processi di apprendimento. In estrema sintesi: si vogliono eliminare i voti perché provocano disagio ed ansia?
La risposta dell’intero Sistema scolastico non può ridursi ad ignorare la situazione conclamata di un malessere psicologico ampio ed oneroso, aspettando che essa si risolva da sé, “tanto il disagio adolescenziale l’abbiamo provato tutti e, comunque, siamo andati avanti”.
L’atteggiamento che bisogna avere come dirigenti, docenti ed educatori in generale dev’essere molto diverso. Occorre creare un ambiente di apprendimento finalizzato al ben-essere degli allievi, attraverso una serie di strategie concrete che potranno portare un significativo beneficio ai ragazzi ma anche ai docenti, alle Istituzioni scolastiche in generale e al contesto socio-culturale in cui agiscono le Scuole.
Un ambiente di apprendimento in cui, a parte le caratteristiche fisiche e strutturali, venga implementata un’efficace relazione educativa, che si presenta, soprattutto, come relazione d’aiuto intesa come promozione della crescita dell’altro, con un intervento di supporto allo sviluppo del sé, alla comprensione delle proprie motivazioni e predilezioni, nella direzione della crescita e dello sviluppo dell’autonomia degli allievi.
Attraverso un’efficace relazione di aiuto, un’attenzione ai bisogni formativi ed emotivi degli allievi, c’è un’implicita risposta ai metodi eterodiretti e che procedono unilateralmente dall’insegnante allo studente con il rischio di dare delle risposte che non interessano e che il soggetto è costretto ad accettare dall’esterno. Un docente può avere un gran numero di conoscenze relative alla materia che insegna ma la riuscita della sua attività d’insegnamento dipende dalla qualità del rapporto instaurato con gli interlocutori più che dal proprio bagaglio professionale. “Insegnare e imparare sono due funzioni diverse, due processi distinti e separati. Per fare in modo che essi risultino davvero attivi è necessario che esista una “connessione”. La comunicazione efficace comprende le tecniche comunicative necessarie all’insegnante per attivare questi collegamenti”.10
In maniera concreta il docente deve porsi in comunicazione con il discente attraverso il paradigma del metodo assertivo, con una particolare attenzione all’ascolto (non metaforico, ma concreto) delle esigenze e dei bisogni dell’alunno, con modalità comunicative non verbali con espressioni facilitanti il dialogo, con azioni di rispecchiamento per comprendere meglio l’allievo e farsi capire da lui.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità sottolinea l’importanza di introdurre nella scuola una attenzione mirata alla promozione delle competenze psicosociali, cioè delle abilità che mettono la persona in grado di fronteggiare in modo efficace le richieste e le sfide della vita quotidiana, sviluppando attitudini positive e adattative, nel rapporto con il proprio ambiente e con la propria cultura e mantenendo quindi un livello di benessere psicologico elevato. In quanto strettamente intrecciate con i processi di apprendimento e di crescita, le competenze psicosociali costituiscono quindi una componente essenziale dei processi educativi, nella maggior parte degli studi, vengono riportate come centrali per la promozione e il benessere dei bambini e degli adolescenti. Nei Documenti dell’OMS esse vengono definite come”… le competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni”11.
La descrizione data implica che le competenze che possono essere comprese nelle Life Skills sono quasi incalcolabili anche se esaminandole più in profondità, “emerge l’esistenza di un nucleo fondamentale di abilità che sono alla base delle iniziative di promozione della salute e del benessere di bambini e bambine e degli adolescenti.” 12 L’OMS motiva l’acquisizione e l’applicazione in modo efficace delle Life Skills per il raggiungimento di un “benessere mentale “che incrementa la nostra motivazione a prenderci cura di noi stessi e degli altri, la prevenzione del disagio mentale e dei problemi comportamentali e della stessa salute in generale. Le “competenze per la vita” possono condizionare il nostro modo di porci nell’ambito della relazione intra-personale e di quella con gli altri ed il modo con cui le altre persone si relazionano con noi. La consapevolezza di sé, la gestione delle emozioni, dello stress e del conflitto, l’utilizzazione del pensiero creativo, la capacità di essere empatici, avere buone relazioni interpersonali e comunicare in modo efficace sono capacità che rientrano nella sfera della “Intelligenza Emotiva” che, secondo le ricerche attuali, rappresenta la base per poter sviluppare tutte le altre abilità di vita: risolvere problemi, prendere decisioni, fronteggiare le difficoltà e realizzarsi, non solo nella vita affettiva ma anche nello studio e poi sul lavoro.
Le competenze per la vita implicano, però, una modifica integrale delle strategie didattiche, in quanto esse, difficilmente, si acquisiscono e si consolidano con le metodologie tradizionali.
Queste considerazioni devono far comprendere che è doveroso che gli adulti che si occupano di educazione e di formazione mettano al centro della loro azione il riconoscimento della personalità degli studenti come persone in una situazione di crescita e di sviluppo e, come tali, più vulnerabili alla problematicità ed alla complessità dei nostri tempi. Devono essere consapevoli che i propri comportamenti, anche se messi in campo con i migliori propositi, possono provocare risentimenti e disagi quando non sono accompagnati da modalità comunicative assertive. “Succede spesso che insegnanti e adulti in genere, colludano involontariamente con i comportamenti prevaricatori, magari banalizzando quelli ritenuti lievi o facendo interventi blandi e di scarso significato simbolico”13.
4.L’INTERVENTO DEL CONTESTO TERRITORIALE
In questa prospettiva, bisognerebbe implementare un’ottica sistemica che, partendo dalla famiglia, dovrebbe comprendere la Scuola, le Amministrazioni pubbliche, gli Enti del territorio e il contesto sociale in generale per una concreta presa in carico degli adolescenti, poiché essi “sono patrimonio comune e non un problema da risolvere specie per chi li impatta durante il loro percorso scolastico”14.
Tra le strategie che, in modo pragmatico, potrebbero realizzare un ambiente educativo che individui, in modo più accurato, le situazioni di disagio che provano gli adolescenti e possano promuovere una serie di iniziative a loro rivolte, ci sono i Patti educativi di Comunità. Essi sono supportati dal concetto pedagogico di Comunità educante, in quanto “nascono” dall’azione di un insieme di persone, in questo caso di “addetti” all’educazione delle giovani generazioni, che condividono valori ed ideali che si traducono in azioni concrete armonizzate tra di loro e finalizzate alla formazione e all’inclusione di bambini e ragazzi.
La comunità educante determina “un agire collettivamente”15, o per dirlo in modo poetico, un’unione di “amorosi sensi”, in cui la collaborazione tra i docenti e tra questi e le altre Agenzie educative, in primis la famiglia, costituisce l’elemento determinante di qualsiasi aspettativa di successo del percorso di educazione e di formazione degli alunni.
In tale contesto la scuola è in grado di generare “una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, ed è anche in grado di promuovere la condivisione di quei valori che fanno sentire i membri della società come parte di una comunità vera e viva”. 16
I ragazzi e i genitori trarrebbero grande beneficio dalla realizzazione del Patto educativo di Comunità.
Tra i principi da cui esso parte c’è la consapevolezza che gli adulti con responsabilità educative, a partire dalla famiglia, non possano sempre farsi carico da soli dei bisogni e delle domande che i bambini e i ragazzi manifestano. Appare invece utile recuperare i principi della sussidiarietà e complementarietà, e una rinnovata cultura della “genitorialità sociale”, anche come risposta a sempre più diffuse forme di isolamento e privatizzazione educativa, viste anche le emergenze sociali e culturali dovute all’insorgere della pandemia da Covid.
Gli scenari educativi sviluppati dall‘ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo) suggeriscono che le scuole debbono rafforzare la loro posizione all‘interno delle società future. Ciò può accadere solo se le scuole diventano reti di apprendimento che riflettono i bisogni e i problemi delle comunità a cui fanno riferimento. Uno degli scenari che l’OCSE ha delineato nella pubblicazione del 15 settembre 2020, (Back to the future of education: Four OECD Scenarios for Schooling, un documento che si propone di fornire vari stimoli per sviluppare una visione strategica a lungo termine dell’istruzione), prevede una scuola che si configura come learning hub 17per una comunità che mobilita tutte le sue risorse per massimizzare le opportunità di apprendimento per i suoi cittadini nella prospettiva della learning city. L’apprendimento, però, come è stato sottolineato nelle precedenti riflessioni, si deve però accompagnare ad una vera e propria educazione emotiva, che potrebbe essere un altro dei pilastri su cui fondare le azioni del Patto. La Comunità mobilita efficacemente le sue risorse in tutti i settori per promuovere un’educazione integrale che possa farsi carico delle problematiche delle giovani generazioni.18
In questo contesto la Scuola diventa il fulcro di un ecosistema educativo ampio e in continua evoluzione, che si avvale del territorio per ripensare il curricolo e la didattica fondati su strategie che tengano conto del ben-essere degli studenti ma anche degli operatori. I docenti che si trovano in una situazione di tranquillità inducono lo stesso sentimento nei propri allievi, nei colleghi e nei genitori, aumentando, quindi, le probabilità che l’intera comunità educante possa godere di maggiore speranza ed equilibrio.
5.CONCLUSIONI
La Società odierna, con la sua complessità, provoca un profondo stress nelle giovani generazioni. Gli adolescenti, oggi, affrontano molte sfide che possono causare un forte disagio psicologico, come la pressione per avere successo a scuola, l’impatto dei social media sulla loro autostima e la preoccupazione per la loro sistemazione futura. Tuttavia, esistono anche molte risorse e supporti per aiutarli a gestire lo stress e migliorare il loro benessere mentale. Di questo deve farsi carico la Scuola attraverso un percorso che non tenga conto soltanto delle conoscenze e delle abilità acquisite o da conseguire ma della cornice emotiva in cui esse si strutturano. Gli studenti dovranno essere resilienti, empatici, dovranno saper comunicare in modo assertivo per creare un contesto scolastico ed extrascolastico positivo. E’ un percorso tortuoso e complesso ma che bisogna intraprendere perché” anche un viaggio di mille miglia inizia con un passo”19.
1 Vedi esergo.
2 Tra presente e futuro Emilia-Romagna. Il futuro lo facciamo insieme. Essere adolescenti in Emilia-Romagna nel 2022, Report della Regione Emilia Romagna.
3 ibidem
4 Questionario rete degli studenti
5 INDICAZIONI NAZIONALI E NUOVI SCENARI Documento a cura del Comitato Scientifico Nazionale per le Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, MIUR, 2018
6 D. Lucangeli, “Per saperne di più: mal di scuola” 2022
7 ibidem
8 M. Lodi, C’è speranza se questo accade al Vho, Bari, Laterza, 2022
9 V.Lupia, Tranquillanti contro l’ansia per le interrogazioni, gli studenti: “Troppa paura senza aiutini. Ormai è una dipendenza fisica e mentale” Repubblica, 25 gennaio 2023
10 T.Gordon, Insegnanti efficaci, Firenze, Giunti, 2013
11 LIFE SKILLS EDUCATION FOR CHILDREN AND ADOLESCENTS IN SCHOOLS, OMS, 1997
12 ibidem
13 Tra presente e futuro Emilia-Romagna. Il futuro lo facciamo insieme. Essere adolescenti in Emilia-Romagna nel 2022, Report della Regione Emilia Romagna
14 ibidem
15 Repanser notre future ensamble Un nouveau contrat social pour l’éducation Unesco 2021
16 Indicazioni Nazionali Miur 2012
17 Ritorno al futuro dell’educazione: quattro scenari OCSE per la scuola (Back to the future of education: Four OECD Scenarios for Schooling) OCSE 2020
18 UNESCO Global Network of Learning Cities 2015
19 Proverbio cinese