Imparare la musica a scuola, cambia la scuola e la vita
Imparare la musica a scuola, cambia la scuola e la vita
di Luigi Berlinguer
Innovazione e centralità dell’apprendimento, partendo dall’obbligatorietà della musica a scuola, porterà un grande beneficio nello sviluppo del cervello degli studenti italiani.
“La buona scuola va attuata” – lo ha affermato con molta enfasi Renzi, rivolgendosi alla platea dei componenti la commissione SCUOLA del PD – ed ha aggiunto: “siete voi. È la gente di scuola che deve attuarla. Troviamo 1000 persone che si dedichino operativamente a realizzare quest’obiettivo”.
Nella “buona scuola” ci sono delle idee giuste e, soprattutto, è giusto l’obiettivo: il cambiamento radicale dell’impianto educativo. Obiettivo difficilissimo da attuare per la complessità del sistema, per le resistenze al cambiamento e per l’arcaicità dell’organizzazione dell’amministrazione scolastica, e cioè, del modo in cui questa è stata interpretata e costruita.
Sarebbe un disastro se il mondo della scuola non cogliesse quest’occasione di protagonismo: indirizzo perseguito fin dall’inizio da Education 2.0.
Il punto chiave è l’innovazione e, al suo interno, le migliaia di esperienze realizzate nelle nostre scuole, che sono oggi il patrimonio educativo più importante che abbiamo.
Certamente ispirato al modello della centralità dell’apprendimento, ricco di sapienza educativa e di cultura ma, soprattutto, elaborato dal basso, dal protagonismo docente e dirigente. Guai a non utilizzarlo appieno.
I mille di cui parla Renzi ci sono già. Devono diventare non solo i protagonisti nell’elaborazione (e lo sono già), ma anche i protagonisti nell’attuazione, per portare a sistema la varietà delle buone pratiche innovative.
Vorrei citare, a titolo esemplificativo, l’apprendimento pratico della musica per la totalità degli studenti. Guai a considerare questo un episodio parziale e marginale. Perché imparare la musica a scuola cambia la scuola, se la musica diviene una componente essenziale della formazione di base per tutti (core curriculum).
Perché se si sfonda su questo tema e si vincono tutte le resistenze neo-idealistiche, “crocio-gentiliane”, in proposito, si gettano le basi di un apprendimento protagonista nel percorso educativo.
L’arte ormai è stata esclusa dalla scuola. Non fa parte della cultura in generale né, tantomeno, della cultura educativa, essendo stata relegata al mero ruolo di divertimento.
Ma la ricerca nel campo delle neuroscienze ha evidenziato il ruolo essenziale di entrambi gli emisferi cerebrali in tutti i processi dell’agire umano e, fra questi, nell’apprendimento.
La tradizione educativa si è concentrata essenzialmente sulle funzioni del pensiero, dell’astrazione, sull’emisfero sinistro, appunto. Non considerando che l’essere umano è fatto non solo di “mente”, ma anche di “cuore”. È stato come voler far camminare un’automobile con due cilindri invece di quattro, limitandone le potenzialità, limitando, di fatto, la capacità dei ragazzi di mettere in campo l’emisfero destro: l’emozione, la fantasia, lo stupore, che pure moltiplicano la capacità del pensiero.
Sospetto che la causa si rintracci in una ragione di “classe”. Il logos attiene alla capacità di strutturare la società e il consenso, mentre, invece, l’emozione attiene al campo della soggettività. Hobbes metteva in guardia contro i rischi della musica, atta a indurre il cittadino alla ribellione (introduzione alla seconda edizione del Leviatano); persino Francesco de Sanctis, grandissimo personaggio italiano, diceva che la musica è “arte donnesca”, perché è l’arte marziale quella che forma il vir.
Nel nostro Paese c’è un conservatorismo ottuso e, culturalmente, bigotto, che esclude la creatività che è stata assurdamente chiamata anarchia.
Inoltre, come ha affermato il maestro Lucchesini, non va sottovalutato l’immenso valore sociale insito nell’apprendimento della musica, come ha dimostrato l’esperienza di El Sistema di Josè Antonio Abreu, che, attraverso la creazione di più di 500 orchestre, giovanili e infantili, ha sottratto alla dispersione e alla criminalità più di 2 milioni fra bambini e ragazzi.
Per questo, quando il Ministro ha dichiarato che sarà inserita l’educazione musicale per tutti, perché richiesto dal 74% di coloro che hanno partecipato alla consultazione sulla “buona scuola”, e non solo per coloro che diventeranno musicisti, ho fatto letteralmente un salto e mi sono detto: ”È la volta buona”.