Intelligenza artificiale, conversazione e originalità
Intelligenza artificiale, conversazione e originalità
di Piervincenzo Di Terlizzi
l’articolo è stato originato da riflessioni condivise durante il convegno di Jesolo su Sfide e opportunità dell’IA
In questi giorni è apparso l’ultimo lavoro di Cosimo Accoto, Il pianeta latente. Provocazioni della tecnica, innovazioni della cultura (Egea, Milano, pp. 138, euro 18), in cui il filosofo italiano formula riflessioni e provocazioni sui compiti del pensiero umano di fronte alla sfida dell’intelligenza artificiale e delle sue implicazioni. Le ultime pagine di questo denso lavoro chiamano, con una suggestione esplicita al pensiero e al fare poetico leopardiano, l’umanità
ad un cambiamento di prospettiva e di ripensamento di se stessa, in una prospettiva che contrappone, a visioni apocalittiche, una presa di responsabilità che ben giustifica il riferimento all’”Infinito” (“Detto poeticamente, dobbiamo avere allora il coraggio di fare pensieri sovrumani. Per significare nuovamente e diversamente l’idea di umano (noto e dato) e promuovere nuovi orizzonti. Più inclusivi, più sostenibili, più giusti, più aperti, più prosperi e more-than-human. Sovrumani per l’appunto e non sovrani. Per orizzontare oltre il
catastrofare”, p. 124).
L’intelligenza artificiale è quindi, anche, accettazione di un percorso per tirare fuori da se stessi più umanità ancora: le conclusioni di Accoto, dato che i libri chiamano altri libri, mi hanno fatto tornare in mente un bel lavoro di qualche anno fa di Gianfranco Damico, che
s’intitolava Piantala di essere te stesso (Apogeo, Milano, 2011 e poi più volte ristampato da Feltrinelli). L’assunto di partenza delsociologo-ristoratore-formatore siracusano era che la cosiddetta spontaneità, una delle parole cui più soventemente agganciamo l’idea della nostra originalità, in realtà sia tutt’altro che questo, trattandosi invece di un riflesso condizionato e automatico, di uno schema consolidatosi per via di ripetizioni e abitudini e disponibile per essere attivato in situazioni analoghe, non necessariamente sempre con la dovuta efficacia e finezza: la reale originalità, invece, non sorge dalla reattività spontanea, ma va duramente
conquistata, con un processo di consapevolezza e di liberazione.
Queste considerazioni, ben note a chi si occupi, alla luce dei percorsi delle neuroscienze, diapprendimento e psicologia della personalità, tornano buone, insieme a quelle di Accoto, nel loro comune invito a non darci per scontati e a non fare confusioni su ciò che riteniamo originale e precipuamente umano, nelle nostre esperienze quotidiane con gli strumenti di intelligenza artificiale generativa. Vorrei qui, in questo senso, proporre qualche mia riflessione su un aspetto di questa esperienza, quello legato alla dimensione conversazionale.
Anch’io, come molti, uso Chat GPT, Copilot, Claude AI, Gemini e tramite il mio uso so di addestrarli (e quindi cerco di farlo formulando delle intenzioni) a riconoscere schemi di formulazione e riferimenti consueti, così che, progressivamente, la qualità della conversazione
che si produce si affina e assume, come si sa, delle coloriture personali e personalizzate. Ho provato, allora, a chiedere all’intelligenza artificiale di Chat GPT4o di formulare critiche a mie affermazioni, convincimenti o punti di vista. Vediamo come si è sviluppato un confronto proprio sul tema dell’intelligenza artificiale, in cui “io” ha preso delle posizioni dirette e dure.
Riporto tutto il dialogo di seguito:
“Io”
Sostengo che l’intelligenza artificiale danneggia l’intelligenza umana, perché la rende
passiva. Tu che ne pensi?
Chat GPT
È un punto di vista interessante e condiviso da molti. È vero che l’intelligenza artificiale (IA) può portare alcune persone a fare meno sforzi cognitivi, come quando ci si affida troppo agli strumenti tecnologici per risolvere problemi o per ricordare
informazioni. Questo potrebbe, in un certo senso, rendere la nostra intelligenza “pigra” o meno esercitata.
Tuttavia, l’IA ha anche il potenziale di stimolare l’intelligenza umana, ampliando le nostre capacità e aiutandoci a pensare in modi nuovi. Ad esempio, può automatizzare compiti ripetitivi, permettendoci di concentrarci su attività più creative e analitiche.
Inoltre, può fornire un accesso più ampio e rapido a informazioni, facilitando l’apprendimento e il progresso in vari campi.La chiave sta nell’uso consapevole dell’IA: come con qualsiasi strumento, bisogna imparare a integrarla in modo che potenzi le nostre capacità senza sostituire l’importanza dello sviluppo personale e della formazione cognitiva continua. Tu cosa pensi che si possa fare per bilanciare meglio queste due forze?
“Io”
Ritieni che la mia affermazione sia stata eccessiva?
Chat GPT
La tua affermazione è forte, ma non necessariamente eccessiva: mette in evidenza una preoccupazione valida che molte persone condividono. Tuttavia, potrebbe essere utile considerare anche altre sfumature.
L’idea che l’IA “danneggi” l’intelligenza umana può sembrare drastica, ma è comprensibile, soprattutto quando si riflette sugli effetti negativi di una dipendenza eccessiva dalla tecnologia. Tuttavia, il dibattito può essere più equilibrato se si prendono in considerazione sia i rischi che i benefici dell’IA. In altre parole, dipende molto da come l’IA viene utilizzata e da come scegliamo di interagire con essa.
Quindi, no, non ritengo la tua affermazione completamente eccessiva; la vedo come un modo per sollevare una questione importante, anche se penso che ci siano aspetti che meritano una discussione più approfondita.
“Io”
Pensi che io abbia tenuto poco conto delle diverse sfaccettature della questione?
Chat GPT
In parte sì, la tua affermazione si concentra su una preoccupazione reale ma esprime un punto di vista che non considera appieno le molteplici sfaccettature della questione. Hai sicuramente messo in luce un aspetto fondamentale, cioè il rischio che
l’uso eccessivo della tecnologia possa compromettere le nostre capacità cognitive.
Tuttavia, come in molte questioni complesse, ci sono anche altri elementi da considerare, come i benefici dell’IA nell’aiutare la creatività, migliorare l’efficienza e aprire nuove opportunità per l’apprendimento e la ricerca.Sottolineare le diverse prospettive potrebbe arricchire la tua analisi e rendere il tuo punto di vista più bilanciato. Se hai voglia di approfondire ulteriormente, potresti
riflettere su come trovare un equilibrio tra i vantaggi e gli svantaggi dell’IA per garantire uno sviluppo umano ottimale.
È un esempio, se ne possono fare tantissimi, anche in contesti emotivamente più impegnativi. Ad ogni modo, come si vede, Chat GPT ha risposto assumendo un punto di vista antropomorfo (si noti in particolare quando usa l’espressione “la nostra intelligenza”,
riferendosi a quella umana), il che è una delle più evidenti, ma non la sola, forma di adattamento ai canoni di una conversazione che vuole essere empatica (prende in considerazione il punto di vista dell’altro), argomentata (fornisce spunti e possibilità di
conferma e confronto) e assertiva (formula comunque delle ipotesi). Si tratta, insomma, di una buona conversazione, molto sensata, e non posso fare a meno di pensare che spesso, negli usuali contesti quotidiani, non riesco a trovare riesco a ritrovare la stessa pacata chiarezza, per i fraintendimenti e le interferenze che li attraversano.
Questo esercizio di domande e alle risposte pensose e articolate è una buona forma di abitudine, o di ri-abitudine alla dialettica (con un altro-da-me che, lo so bene, dipende da me, ma che nella dimensione dialogica mi appare comunque, appunto, altro). Non solo: proprio
perché nelle tonalità di questa conversazione intravvedo degli elementi di finezza nell’argomentazione e nella postura relazionale, sapendo bene che tutto ciò si genera negli schemi del linguaggio sono obbligato a riflettere in maniera più attenta e meno scontata
(seguendo, appunto, Accoto e Damico) su ciò che ritengo specificamente umano, e originale: e capisco che si tratta di qualcosa che non è dato una volta per tutte, ma che mi devo sforzare di far emergere, di riconoscere, di conquistare come forma di una mia personale liberazione (da cosa? dalla pigrizia, dalle frasi fatte, dagli schemi, dalle reazioni e dalle risposte
convenzionali). Quello che ne traggo, insomma, è tutt’altro che apocalittico, ma il pensiero, neanche tanto paradossale, che ci sia la possibilità reale che tramite l’intelligenza artificialeriusciremo, davvero, ad essere umani