Gennaio 18

Una visione di scuola in una parola

Una visione di scuola in una parola
di Clara Alemani

Mi preme segnalare come, da una singola parola della recente ordinanza sulla valutazione nella scuola primaria, sia possibile desumere, o almeno intuire, la visione complessiva di scuola che il Ministero sta promuovendo e sulla quale credo sia opportuno riflettere e interrogarsi come associazione.
La parola cui mi riferisco, possono, si trova nell’articolo 3, comma 3, dove si legge:
Le istituzioni scolastiche possono riportare nel documento di valutazione i principali obiettivi di apprendimento previsti nel curricolo di istituto per ciascuna disciplina.
Il verbo non è frutto del caso, dal momento che riguarda un punto su cui il CSPI aveva sollevato obiezioni, chiedendo di assegnare (quanto meno, mi viene da dire) un giudizio sintetico a ciascuno degli obiettivi di apprendimento disciplinari significativi anziché all’intera disciplina. Tuttavia, come si legge nelle premesse dell’ordinanza stessa, il Ministero ha ritenuto di non poter accogliere tale richiesta per esigenze di chiarezza e semplificazione.
Come dire che l’articolazione in obiettivi, e la conseguenza che potrebbero essere valutati con un giudizio diverso l’uno dall’altro, non consentirebbe di rispondere a un’esigenza di chiarezza e semplificazione.
Mi domando innanzi tutto da chi sia avvertita tale esigenza: dalle scuole? Dai/Dalle docenti? Dalle famiglie? Dagli/e alunni/e? Dal ministero stesso? Se si tratta delle scuole e/o dei/delle docenti, sarebbe stato sufficiente indagare con i diretti interesati, attraverso un’azione sistematica di monitoraggio su ciò che le scuole hanno prodotto in questi cinque anni di vigenza della OM 172. Sappiamo che ciò non è avvenuto, anzi proprio questa assenza è stata una delle principali obiezioni mossa da più parti, sia dalle scuole sia da pedagogisti, quali Cristiano Corsini e Daniele Novara, tanto per citarne alcuni. Non mi risulta che il Ministero abbia interrogato le famiglie e ne ricavo quindi l’idea che tale esigenza sia soprattutto del Ministero stesso. E perciò credo che proprio quel possono sia rivelatore di una visione di scuola su cui è necessario riflettere.
L’articolazione dei principali obiettivi di apprendimento è lasciata dunque alla discrezionalità delle singole scuole. Secondo quanto previsto dalla norma, è sufficiente che ci sia un giudizio sintetico perogni disciplina. La disciplina appare dunque nella scheda di valutazione, cioè nel documento più significativo per la comunicazione sugli apprendimenti tra scuola e famiglia, come un costrutto monolitico, che si dà per scontato sia conosciuto e condiviso nella sua sostanza da tutti gli attori coinvolti, cioè docenti e famiglie. Si suggerisce che non è importante soffermarsi su ciò che concorre a costituire un determinato sapere nella scuola primaria, perché tanto si sa di che cosa si tratta. Sipossono quindi ignorare come dati secondari gli obiettivi su cui una classe si è impegnata e di conseguenza, visto che gli obiettivi sono organizzati in nuclei tematici(1), i nuclei tematici stessi in cui le discipline sono articolate nelle Indicazioni. Ne deriva una visione che, con l’intento di apparire semplificata, finisce per essere grossolana, monolitica appunto, destinata inevitabilmente a non promuovere dialogo tra scuola e famiglia e tanto meno riflessioni articolate tra i/le docenti su
progettazione e valutazione, su che cosa proporre e come articolare le proposte per facilitare da parte degli alunni il raggiungimento dei Traguardi di competenza previsti nelle Indicazioni.
Come dire, un tanto al chilo: italiano è quella roba lì, matematica anche, tecnologia pure, ecc, ecc. Da ex docente di lingua inglese penso con sgomento che questa semplificazione rappresenta un colpo di spugna su anni e anni di ricerca condotta anche in ambito europeo! Mi preoccupa questa visione di scuola che intende rifuggire dalla complessità, compresa quella che riguarda i fondamenti epistemologici di ciascuna disciplina.
Quanto poi alla valutazione numerica attribuita alla disciplina, articolata o non articolata attraverso i suoi obiettivi, mi premono un paio di osservazioni.
Innanzi tutto, come già evidenziato dalla ricerca docimologica, la media più o meno matematica tra scale ordinali come sono quelle dei voti o dei giudizi, non è scientificamente fondata, dal momento che nelle scale ordinali il valore numerico è assegnato in maniera arbitraria e non si presuppongonointervalli regolari tra un numero e l’altro.
In secondo luogo, ma non voglio dilungarmi su di un punto ampiamente sottolineato e di sconcertante ovvietà, il voto / giudizio non dice nulla su ciò che un/a alunno/a sa, su ciò che sa fare, su come lo fa, su come lo potrebbe fare meglio, su come potrebbe imparare, … Insomma, anche in questo caso … un tanto al chilo: in italiano (e tutti sappiamo che cosa significa Italiano, no?), Pierino legge (è chiaro, no?) molto bene (cioè?), ma scrive (vale a dire?) maluccio (??). Quindi facciamo discreto, un giudizio che ha sempre goduto di grande popolarità tra molti/e docenti, anche della scuola secondaria di primo grado,che a lungo ne hanno lamentato l’assenza dai documenti ufficialie che ora viene finalmente sdoganato.
E così mentre gli/le esperti parlano di valutazione evolutiva, di valutazione formatrice (assessment as learning), di valutazione educativa, di feed back formativi, ecco che le scuole sono chiamate a semplificare e chiarire. Si ripropone in maniera evidente lo iato tra mondo della ricerca (educativa, didattica, docimologica, …) e scuola, con grave danno per entrambi gli universi.
Un ultimo punto riguarda quanto previsto al comma 6 del medesimo articolo 3, che riporto di seguito:
Le istituzioni scolastiche, nell’ambito dell’autonomia didattica di cui all’articolo 4, comma 4 del DPR n.
275/1999, elaborano i criteri di valutazione, da inserire nel Piano triennale dell’offerta formativa,declinando, altresì, per ciascun anno di corso e per ogni disciplina del curricolo la descrizione dei livelli di apprendimento correlati ai giudizi sintetici riportati nell’Allegato A alla presente ordinanza.
Mi pare che, quanto a chiarezza, proprio non ci siamo. Le scuole devono elaborare i criteri di valutazione declinando la descrizione dei livelli di apprendimento correlati ai giudizi sintetici. Devono cioè definire criteri e indicatori (la descrizione) per ciascuno dei giudizi sintetici previsti dall’ordinanza. Ne deduco che le descrizioni riportate nell’Allegato A siano una sorta di esempio che le scuole possono seguire nell’elaborazione dei criteri. Tali descrizioni sembrano basarsi sulle dimensioni di cui all’OM. 172/2020: autonomia, continuità, tipologia della situazione, risorse mobilitate, con l’aggiunta di una frase relativa all’esprimersi correttamente, con particolare proprietà di linguaggio, capacità critica e di argomentazione, in modalità adeguate al contesto. Quindi mi immagino che le scuole dovranno elaborare descrizioni simili per ciascuna disciplina, per ciascun anno di corso e per ciascun giudizio sintetico. E poiché la vaghezza, l’indeterminazione e la genericità sembrano essere le cifre stilistiche delle descrizioni riportate nell’Allegato A, penso che non sarà difficile per le scuoleformulare criteri di valutazione altrettanto generici e vaghi, infarciti di aggettivi quali, ad esempio, adeguato, appropriato, corretto, originale, personale e di avverbi come non sempre, solo episodicamente, non del tutto, parzialmente. Si tratta del resto di termini che ben si iscrivono nell’universo dei significati chiari e immediati di cui il Ministero sembra essersi fatto promotore.
Al di là delle battute, credo che proprio l’elaborazione dei criteri e dei descrittori potrà continuare a essere terreno di ricerca (e di scontro) nelle scuole primarie e secondarie. Ci sono alcuni punti di attenzione che, soprattutto i/le dirigenti, dovranno mantenere saldi anche per non correre il rischio di vanificare il lavoro svolto dai collegi in questi anni a proposito di valutazione e, come logicaconseguenza, di progettazione.
Per poter individuare criteri di valutazione e descrizioni, le scuole dovranno inevitabilmente stabilire gli obiettivi per ciascuna disciplina e per ciascun anno di corso, anche se poi sceglieranno di non riportarli nel documento di valutazione. Credo tuttavia che si tratti di un compito già affrontato dallescuole e non di un nuovo aggravio. Si è trattato in molti casi di una riflessione feconda che ha condotto a profonde revisioni del curricolo di scuola, a dimostrazione dell’indissolubile rapporto tra valutazione e progettazione.
Gli obiettivi saranno presumibilmente articolati (sarebbe opportuno che lo fossero, in ogni caso) come la OM.172 richiedeva, cioè in modo da esplicitare sia il processo o prestazione cognitiva sia il contenuto relativo a tale prestazione(2).
Si dovranno poi individuare criteri e descrittori (o rubriche valutative, se si preferisce) che:
– siano coerenti con la/e prestazione/i oggetto di valutazione;
– permettano di osservare, misurare e valutare come la prestazione viene eseguita da chi apprende, in una duplice accezione. Si tratterà di osservare, misurare e valutare sia il processo (o i processi) di apprendimento messo in atto dall’allievo/a per svolgere quella attività, sia il prodotto realizzato. Al processo facevano riferimento le dimensioni dell’OM. 172 ora parafrasate nell’allegato A; al prodotto sembra essere riferita l’ultima frase delle descrizioni riportate nel medesimo allegato. Le scuole dovrebbero quindi elaborare criteri che consentano di osservare, misurare e valutare sia gli aspetti processuali e dinamici cioè i progressi e gli sviluppi in termini di autonomia, continuità, risorse mobilitate, tipologia delle situazioni proposte, sia i risultati, gli esiti di tali processi, utilizzando per questi ultimi criteri più squisitamente disciplinari, quali, ad esempio per le discipline linguistiche, l’ampiezza e la varietà del lessico, la correttezza grammaticale, ortografica,sintattica, la pertinenza, …
Chi dirige dovrà promuovere una riflessione affinché vengano definite modalità comuni per amisurazione e valutazione delle verifiche e delle attività condotte in corso d’anno, per la loro comunicazione ad alunni/e e famiglie e per la loro registrazione. Quello della registrazione è, ed è stato, un punto su cui molte scuole si sono interrogate, lamentando le difficoltà legatealle rigidità strutturali dei registri elettronici. Si tratta a mio avviso di un problema molto sovrastimato che rischia di distogliere l’attenzione dalla difficoltà vera cioè dalla definizione di modalità di comunicazione della valutazione chiare e comprensibili (semplici??). I registri elettronici sono strumenti di lavoro, esattamente come i libri di testo; non possono diventare gabbie in grado di imprigionare l’operato di chi insegna o di indirizzarne le scelte strategiche. È un punto su cui è necessaria la massima chiarezza.
Da queste riflessioni dovrebbero nascerne altre relative a metodologie, strumenti, strategie didattiche ed educative che chi insegna dovrebbe mettere in campo per favorire il raggiungimento degli obiettivi da parte di chi apprende, proprio perché, come già ricordato, riflettere sulla valutazione comporta riflettere sulla progettazione, soprattutto in chiave autoregolativa. Si tratta anche in questo caso di una riflessione che non può più essere rimandata. Occorre riflettere sulle metodologie didattiche ed educative che le scuole devono sviluppare, proprio nel momento in cui ingenti somme di denaro vengono investite per l’allestimento di ambienti di apprendimento il cui carattere innovativo rischia di rimanere sulla carta, se non sostenuto da riflessioni sistematiche sul fare scuola.
Un altro aspetto su cui il/la dirigente dovrà vigilare è la continuità tra scuola primaria e scuola secondaria che non potrà essere affidata unicamente ala analogia tra le scale ordinali dei giudizi (in primaria) e dei voti numerici (nella secondaria di primo grado). Questo è stato del resto uno dei punti più problematici derivati dall’applicazione dell’OM.172. Sarà necessario e doveroso salvaguardare la continuità di dimensioni costitutive degli istituti comprensivi, quali ad esempio, la progressione diobiettivi, metodologie, attività, mantenendo una visione di scuola condivisa non solo sulla carta, ma nell’agire quotidiano di chi vi lavora.
Mi chiedo tuttavia quanti/e dirigenti si sentiranno di affrontarenei collegi temi così spinosi e quanti, soprattutto coloro che provengono da esperienze di insegnamento nella secondaria di secondo grado, sapranno cogliere l’importanza di questa partita e dotarsi, se necessario, delle competenze specifiche che essa richiede. Sarà più facile, temo, imboccare la strada tracciata dal Ministero stesso ed evitare inutili complicazioni: le docenti della primaria elaboreranno i criteri parafrasando le descrizioni dell’Allegato A e i processi di valutazione, intermedi, finali, in corso d’anno, viaggeranno più speditamente. Parafrasando Forrest Gump, non credo sia necessario aggiungere altro.
Mi preoccupa, per finire, la revisione in corso delle Indicazioni nazionali di cui i giornali stanno dando ampie anticipazioni, ma mi consola sapere che comunque la scuola è popolata anche da persone sagge che sapranno resistere alle lusinghe della chiarezza e della semplificazione, in nome della competenza professionale e del mandato istituzionale loro affidato:promuovere il successo formativo di alunni e alunne.


(1)DM. 254/2012, Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione.
(2) Si veda a tale proposito R. Trinchero, La formulazione degli obiettivi di apprendimento, in A cura di E Nigris e G. Agrusti, Valutare per apprendere, Pearson Italia, Milano – Torino, 2021, pag.22

 


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Posted 18 Gennaio 2025 by admin in category articoli