Marzo 1

Addio ai giudizi descrittivi? Come funziona la nuova valutazione!

Addio ai giudizi descrittivi? Come funziona la nuova valutazione!
di Mario Di Maio

“La scuola la vorrei senza pagelle e con tante
cordiali chiacchierate coi genitori, perché, alla
fine,
invece di una bella pagella, si abbia un bel
ragazzo, cioè un ragazzo libero, sincero,
migliore
 comunque.”(Mario Lodi)

I recenti interventi normativi relativi alla valutazione nella Scuola primaria e, in misura minore, nella Scuola secondaria di primo grado, hanno, nuovamente, riacceso i riflettori su questo essenziale momento delle attività di apprendimento e d’insegnamento.

Il precedente articolo pubblicato sul blog dell’Andis sull’importanza di una revisione dei “Modelli valutativi” di Bruno Lorenzo Castrovinci e quello sulla “Responsabilità dei docenti e ruolo strategico del dirigente” di Rita La Tona e Maria Rosa Turrisi, nell’individuare alcuni aspetti fondamentali del processo valutativo, segnalano un’attenzione particolare alla problematica della valutazione. Le affermazioni del primo estensore sono fortemente condivisibili, anche se i recenti provvedimenti emanati dal Ministro vanno in direzione del tutto contraria. Afferma, infatti, Castrovinci “Questo metodo dovrebbe superare i limiti del voto numerico e dei giudizi sintetici, ormai archetipi consolidati che spesso non riescono a cogliere la complessità del percorso di apprendimento. La valutazione dovrebbe diventare un processo che valorizzi il progresso, le competenze e le potenzialità degli studenti in modo più completo e autentico. Parallelamente, sperimentare un modello di scuola senza voti rappresenterebbe un’occasione unica per ripensare radicalmente il sistema educativo”[1].

La Tona e Turrisi delineano la stretta relazione tra la progettazione e la valutazione.

“L’azione valutativa è pertanto strettamente interrelata con il curricolo di scuola, con i percorsi disciplinari, con le attività quotidiane, con la flessibilità della didattica, con l’individualizzazione e la personalizzazione dell’insegnamento…( omissis)…anche le attuali modifiche normative dovrebbero essere interpretate come una occasione per le scuole di ripensare, collegialmente, alla coerenza delle azioni didattiche rispetto ai presupposti indicati nel curricolo, all’adeguatezza degli indicatori utilizzati per le valutazioni disciplinari e del comportamento, alle modalità di condivisione degli strumenti e dei protocolli per documentare e comunicare in merito ai processi valutativi.”[2]

Vediamo qual è il quadro concreto che attende i dirigenti e i docenti della Scuola primaria nell’ambito della valutazione per la fase finale di quest’anno scolastico. La legge 1° ottobre 2024, n. 150 recante “Revisione della disciplina in materia di valutazione delle studentesse e degli studenti, di tutela dell’autorevolezza del personale scolastico nonché di indirizzi scolastici differenziati”, ha normato la nuova valutazione introducendo per gli alunni di Scuola primaria dei giudizi sintetici correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento raggiunti, modificando e integrando gli articoli 2 e 6 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 62. La successiva ordinanza ministeriale del 9 gennaio 2025, n. 3, disciplina le modalità della valutazione periodica e finale degli apprendimenti degli alunni della scuola primaria introducendo sei livelli da “ottimo” a “non sufficiente” che dovranno essere inseriti nel nuovo documento di valutazione. Essa prevede, come si è già detto, che le nuove modalità di valutazione siano applicate a partire dall’ultimo periodo dell’anno scolastico 2024/2025 definito in base all’autonoma determinazione di ciascuna istituzione scolastica (trimestre, quadrimestre o pentamestre). In questa indicazione c’è il primo vulnus dei tanti che sono presenti nei Documenti ministeriali da poco emanati. La domanda (come diceva un famoso giornalista napoletano in una nota trasmissione televisiva) “nasce spontanea” e se la sono posta tutti i docenti e i dirigenti che, in corso d’anno, devono affrontare una nuova modalità di valutazione con un’impostazione del tutto diversa rispetto a questi ultimi quattro anni. La “furia “destruens del Ministro e dei suoi collaboratori non poteva aspettare la fine di quest’anno scolastico continuando ad utilizzare i giudizi descrittivi indicati dalla precedente normativa? O forse torme di genitori incapaci di comprendere, nonostante l’opera meritoria di docenti e dirigenti di spiegare cosa indicassero i termini di “avanzato”, “intermedio”, “base”, “in via di prima acquisizione” dei livelli di competenza manifestate dagli alunni, avevano “cinto d’assedio” la sede del MIM chiedendo la modifica delle modalità valutative? Qualcuno del Ministero ha interpellato docenti e dirigenti per questo cambio di rotta, che, in un precedente articolo pubblicato nel blog ANDIS, ho definito (scusate l’autocitazione!) “un compromesso”? Nonostante tutte le difficoltà, le Scuole, comunque, si attrezzeranno per operare, per la fine dell’anno, una nuova valutazione. Nuova soltanto nella definizione degli elementi aggettivali da utilizzare nella individuazione dei livelli di apprendimento. Infatti molte delle indicazioni presenti nei precedenti Documenti sulla valutazione sono rimasti nell’odierna Ordinanza. Si continua a sottolineare la valenza formativa delle strategie valutative, intesa come un superamento del limitarsi a certificare i risultati degli studenti per giungere a svolgere un ruolo cruciale nel migliorare il processo di apprendimento. Insieme a questa viene sottolineata l’importanza della valutazione per l’apprendimento. “La valutazione ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento degli alunni, ha finalità formativa ed educativa, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze, abilità e competenze, concorrendo al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo”[3] La valutazione formativa e quella per l’apprendimento sono due approcci complementari che mirano a supportare gli studenti nel loro percorso educativo. La prima costituisce un processo continuo di raccolta di informazioni sull’apprendimento degli studenti al fine di adattare l’insegnamento e migliorare le prestazioni. A differenza della valutazione sommativa, che ha lo scopo di certificare il livello raggiunto, la valutazione formativa si concentra sul monitoraggio e sul feedback immediato. Strumenti come osservazioni, domande in classe, quiz senza voto e discussioni permettono agli insegnanti di comprendere le difficoltà degli studenti e di intervenire tempestivamente.

La valutazione per l’apprendimento (Assessment for Learning – AfL) si basa sulla stessa idea della valutazione formativa, ma enfatizza maggiormente il coinvolgimento attivo degli studenti nel processo di apprendimento. Questo approccio promuove l’autovalutazione, la metacognizione e il miglioramento continuo, aiutando gli studenti a sviluppare consapevolezza dei propri progressi e strategie per migliorare le proprie competenze. Tecniche come rubriche di valutazione, diari di apprendimento e feedback tra pari favoriscono una maggiore autonomia e responsabilità nello studio.

Un elemento chiave di entrambe gli le modalità è il feedback formativo, che deve essere chiaro, tempestivo e orientato al miglioramento. Esso non si limita a segnalare errori, ma suggerisce strategie concrete per superarli, favorendo una crescita continua.

Integrare la valutazione formativa e la valutazione per l’apprendimento nella didattica significa passare da una logica di controllo a una di supporto, in cui l’errore non è visto come fallimento, ma come opportunità di crescita. Questo approccio favorisce una didattica più inclusiva e personalizzata, migliorando la motivazione e il successo scolastico degli studenti.

Tutte queste considerazioni sono mantenute nell’O.M. e nella successiva Nota del 23 gennaio che recita, ad esempio,” Viene, pertanto, sottolineata l’ottica della valutazione per l’apprendimento, che utilizza le informazioni rilevate anche per adattare l’insegnamento ai bisogni educativi concreti degli alunni, ai loro stili di apprendimento in una prospettiva di personalizzazione e valorizzazione dei talenti”. [4]

I giudizi indicati costituiscono una scala ordinale di sei livelli che va da “Ottimo” a “Non sufficiente”. Questa scala dovrebbe fornire una valutazione più dettagliata e sfumata delle competenze degli studenti rispetto ai precedenti livelli, anche per migliorare la comunicazione tra scuola e famiglie, rendendo la valutazione più trasparente e comprensibile. Attraverso l’uso di giudizi sintetici, si intende fornire un feedback chiaro sul livello di apprendimento degli studenti, facilitando così la comprensione dei punti di forza e delle aree che necessitano di miglioramento.

È importante notare che, oltre alle discipline tradizionali, il giudizio sintetico riguarda anche lo sviluppo delle competenze di cittadinanza, l’insegnamento della religione cattolica e le attività alternative. Questo approccio integrato mira a offrire una visione completa del percorso formativo dello studente.

La presenza di ben sei livelli rappresenta l’altra difficoltà che i docenti dovranno affrontare in quanto un numero elevato di livelli di valutazione non garantisce una migliore valutazione in quanto essi possono anche rendere la valutazione più soggettiva e difficile da standardizzare. Molti esperti di docimologia sostengono che un numero eccessivo di livelli può generare ambiguità e rendere la valutazione meno affidabile. La differenza tra “Buono” e “Discreto”, ad esempio, può risultare soggettiva e difficile da definire in modo chiaro e uniforme tra insegnanti diversi.

Le criticità possono essere tante:

o   Difficoltà di distinzione – I confini tra livelli vicini possono essere sfumati e interpretati in modi diversi.

o   Soggettività – Gli insegnanti potrebbero avere criteri diversi nel distinguere tra un livello e l’altro.

o   Minore affidabilità – Più livelli rendono meno stabile il giudizio, perché lo stesso studente potrebbe ricevere valutazioni diverse a seconda del docente.

Un’alternativa più efficace poteva essere quella indicata da molti studi che suggeriscono che una scala più ristretta (ad esempio tre o quattro livelli) garantisce una valutazione più chiara e coerente.

Per esempio: Eccellente – Soddisfacente – Sufficiente – Non Sufficiente
viene indicata da molti autori, anche esperti di docimologia, che sostengono che una scala su quattro livelli consente una migliore valutazione.

Tra gli studiosi e gli esperti di docimologia che hanno messo in luce i limiti di scale troppo articolate e hanno sostenuto l’efficacia di un sistema a quattro livelli, troviamo Giovanni Domenici che nel suo “Manuale della valutazione scolastica” sottolinea come una scala ridotta – ad esempio, articolata in quattro livelli – possa migliorare la chiarezza e l’affidabilità del giudizio, riducendo la soggettività ed ancora Benedetto Vertecchi che, nel testo “Manuale della valutazione. Analisi degli apprendimenti e dei contesti”, evidenzia che semplificare la scala (passando da sei a quattro livelli) aiuta a contenere l’ambiguità nei confronti dei criteri, rendendo più stabile il processo valutativo ma è, soprattutto, Calonghi che, trattando della valutazione e degli “ aggettivi” che vengono usati “ a commento del voto ed anche ( specie nella scuola elementare) in sostituzione di esso”[5] afferma che “ Gli aggettivi sono una forma d’espressione alquanto imprecisa” e continua “ in campo valutativo, gli aggettivi …(omissis)…vengono usati con connotazioni che non è possibile interpretare correttamente solo in base ad una buona conoscenza della Lingua italiana, né con l’aiuto di grammatiche e dizionari  ( per es. eccellente ed ottimo sono considerati sinonimi dai dizionari, mentre per gli insegnanti “ottimo” corrisponde ad un livello inferiore di “eccellente””[6]. Sempre nella parte del testo di Calonghi riferito agli “ aggettivi” nella valutazione si dice “ gli aggettivi non consentono di esprimere adeguatamente i diversi livelli di profitto” e poi fa riferimento proprio ad uno dei giudizi indicati nell’Ordinanza: “ distinto”, affermando che esso “ è di uso assai infrequente nell’espressione spontanea d’insegnanti e di alunni, comporta un grado elevato d’incertezza di significato , non esprime un livello significativamente diverso da un altro aggettivo incluso nella scala ( si esprime quasi in modo profetico! N.d.R.) “buono””[7] Le considerazioni di questo importante pedagogista sono tantissime e tutte di forte critica all’utilizzazione di una scala ordinale fatta di aggettivi.

Il Ministro ha poi, nell’ambito dell’Allegato A, descritto quelle che nelle precedenti Linee guida dell’O.M. 172 del 2020 venivano indicate come “dimensioni” di cui tener conto nella stesura dei giudizi descrittivi relativamente agli obiettivi delle diverse discipline e che, nelle prossime modalità di compilazione dei giudizi sintetici, devono servire per l’individuazione dei livelli di apprendimento. La scelta di attribuire il giudizio all’intera disciplina e non agli obiettivi didattici comporterà da parte dei docenti un ulteriore nocumento, in quanto se durante la valutazione “in itinere” i risultati dell’alunno saranno particolarmente positivi nell’ambito, ad esempio, della lettura e della comprensione del testo, mentre quelli relativi alla produzione scritta risultano carenti, quale giudizio potrà essere attribuito allo studente stesso, in quanto è inimmaginabile, sia dal punto di vista logico sia da quello docimologico, compilare una media dei giudizi ? Una soluzione , anche se ciò comporta un aumento del “ carico compilatorio” del docente, viene offerta dalla Nota n.2867 del 23 gennaio 2025, avente come oggetto “ Indicazioni in merito alla valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella scuola primaria e alla valutazione del comportamento nella scuola secondaria di primo grado”, che recita:” Fermo restando che la valutazione periodica e finale espressa in giudizi sintetici è riferita a ciascuna disciplina di studio nella sua interezza, ogni istituzione scolastica ha la facoltà di inserire nel documento di valutazione i principali obiettivi disciplinari, rendendo più esplicita e funzionale la correlazione con la progettazione di classe. Si intende, in questo modo, confermare e valorizzare il lavoro delle istituzioni scolastiche nell’individuare e inserire nel PTOF gli obiettivi di apprendimento, oggetto di valutazione periodica e finale per ogni classe e ogni disciplina, ritenuti indispensabili per il raggiungimento dei traguardi per lo sviluppo delle competenze”.[8] Entrando nel “merito” dei livelli della scala ordinale dei giudizi da assegnare agli alunni, ci sono ulteriori difficoltà per  l’attribuzione di alcuni di essi agli allievi. Mi riferisco, in modo particolare, al giudizio “discreto” che viene caratterizzato dalle seguenti “dimensioni”: “L’alunno svolge e porta a termine le attività con parziale autonomia e consapevolezza. È in grado di utilizzare alcune conoscenze, abilità e competenze per svolgere compiti e risolvere problemi non particolarmente complessi.”[9] Gli insegnanti come devono intendere la “parziale autonomia” e “i problemi non particolarmente complessi “e questa descrizione non dovrebbe appartenere a livelli più “bassi”, anche facendo riferimento alla Lingua italiana che del termine discreto dà la seguente definizione: “In giudizî qualitativi, abbastanza buono, soddisfacente”?[10] Il livello della sufficienza è invece caratterizzato dalle seguenti dimensioni:” L’alunno svolge le attività principalmente sotto la guida e con il supporto del docente. È in grado di applicare alcune conoscenze e abilità per svolgere semplici compiti e problemi, solo se già affrontati in precedenza. Si esprime con un lessico limitato e con qualche incertezza”[11]; anche in questo caso, facendo i conti con la definizione di “sufficiente” non ritroviamo la giusta connotazione, infatti questo aggettivo significa “Che basta, che è adeguato, anche se di misura, a una determinata necessità, utilizzazione o finalità “.[12] Questa ulteriore contraddizione era stata segnalata anche nel parere del CSPI del 18 novembre 2024 che si esprimeva nei seguenti termini: “(Il CSPI) evidenzia la necessità che siano rinominati e rimodulati i due giudizi sintetici “sufficiente” e “non sufficiente” con altre formulazioni più funzionali al miglioramento degli apprendimenti”.[13]

Vorrei concludere queste mie note ricordando la “testimonianza” di Alberto Manzi il “maestro” televisivo di “Non è mai troppo tardi “di cui da poco si sono concluse le iniziative relative alla celebrazione del suo pensiero pedagogico per i cento anni dalla nascita che, nel 1981, si rifiutò di redigere le “schede di valutazione”, appena introdotte dalla riforma della scuola in sostituzione della pagella. La spiegazione del suo rifiuto fu semplice: “Non posso bollare un ragazzo con un giudizio, perché il ragazzo cambia, è in movimento; se il prossimo anno uno legge il giudizio che ho dato quest’anno, l’abbiamo bollato per i prossimi anni”.[14] Il Ministero della Pubblica Istruzione però non gradì il suo rifiuto e il maestro Manzi ebbe una sanzione disciplinare venendo sospeso dall’insegnamento e dallo stipendio, proprio lui che aveva reso possibile l’alfabetizzazione di milioni d’Italiani grazie alla trasmissione Rai di cui fu il protagonista.

L’altro grande “maestro”, Mario Lodi scriveva nei testi che ci ha lasciato: “La pagella, così com’è oggi, uno strumento di valutazione impreciso e soggettivo. Il numero (o il giudizio sintetico che ne rappresenta un succedaneo N.d.R.) che dovrebbe essere scritto nelle caselle corrispondenti alle “materie” o a gruppi di attività, è il risultato di una strana miscela di sensazioni riguardo alle attività del bambino, che il maestro compie sulla base di un modello di sufficienza che varia da insegnante a insegnante. Non sono rari i casi di “temi” giudicati in modo diverso, a volte opposto, da maestri e professori…(omissis)…Ciò dipende dal fatto che ogni materia racchiude diverse capacità. Un numero per la “lingua italiana” col quale sintetizzare più attività come la lettura, la scrittura, l’ortografia, la sintassi, la proprietà di linguaggio, la fantasia, la capacità di conversare ecc.”[15]

In conclusione la nuova valutazione segna un cambiamento rispetto ai giudizi descrittivi, puntando su criteri che dovrebbero essere più chiari per alunni e genitori. Resta da vedere come docenti, studenti e famiglie si adatteranno a questo nuovo sistema e quali saranno gli effetti a lungo termine sul percorso educativo, senza dimenticare che la valutazione continua a costituire un momento fondamentale per la formazione degli alunni.


[1] B. L. Castrovinci, Ripensare la valutazione scolastica, verso un approccio innovativo, in Blog ANDIS, 11 gennaio 2025
[2] R. La Tona e M. R. Turrisi, Ripensare la valutazione. Responsabilità dei docenti e ruolo strategico del dirigente, in Blog ANDIS, 17 febbraio 2025
[3] O.M. n.3 del 9 gennaio 2025
[4] Nota n.2867 del 23 gennaio 2025, Indicazioni in merito alla valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella scuola primaria e alla valutazione del comportamento nella scuola secondaria di primo grado.
[5] L. Calonghi, Valutazione, Brescia, La Scuola Editrice, 1976
[6] ibidem
[7] ibidem
[8] Nota n.2867 del 23 gennaio 2025, Indicazioni in merito alla valutazione periodica e finale degli apprendimenti nella scuola primaria e alla valutazione del comportamento nella scuola secondaria di primo grado.
[9] Allegato A all’O.M. n.3 del 9 gennaio 2025
[10] https://www.treccani.it/vocabolario
[11] Allegato A all’O.M. n.3 del 9 gennaio 2025
[12] https://www.treccani.it/vocabolario
[13] Parere CSPI n.136 del 18 novembre 2024
[14] Alberto Manzi. L’ultima intervista al maestro di “Non è mai troppo tardi”, Rai, 2013
[15] M. Lodi da “Le pagelle”, in Cooperazione Educativa, n. 5-6, 1974, Firenze, La Nuova Italia, ora in Cooperazione Educativa, vol. 63, n. 2, 2014, Trento, Ericsson


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Posted 1 Marzo 2025 by admin in category articoli