Una carriera per gli insegnanti. Buone notizie e problemi aperti.
Una carriera per gli insegnanti. Buone notizie e problemi aperti.
di Aldo Tropea
La stampa si sta riaccostando in questi giorni al tema della Buona Scuola, naturalmente facendo leva sugli aspetti più mediaticamente di richiamo. Così sono riapparsi, sia nelle pagine nazionali sia in quelle locali, i temi dell’assunzione dei precari, della valorizzazione del merito, della “carriera” degli insegnanti, anche se a volte con evidenti forzature. Per esempio, a leggere certe pagine di “Repubblica” sembrerebbe che a decidere della valutazione saranno gli studenti nelle superiori e le famiglie nel primo ciclo.
Ovviamente le cose non stanno proprio così e ieri è uscita sul “Sole-24 Ore” una interessante intervista al sotto-segretario Faraone, che presenta alcuni importanti e condivisibili punti fermi:
a) La valutazione dei docenti deve portare ad una vera e propria “carriera”, ossia alla maturazione dei requisiti necessari per accedere alle due funzioni fondamentali della scuola dell’autonomia: quello dei “mentori”, ossia del personale adatto a svolgere funzioni di coordinamento, ricerca e sviluppo nel settore didattico e quello dei “quadri intermedi”, ossia di chi si occupa dell’organizzazione e dei rapporti con il territorio, definito come una sorta di “middle management” indispensabile per far funzionare il sistema. “Domani, cioè all’inizio del prossimo anno scolastico,in ogni istituto ci sarà un 20-30% di personale docente che, oltre agli scatti legati alla valutazione, potrà accedere ai due percorsi di carriera”, afferma Faraone.
b) Il titolo acquisito, garantisce il sottosegretario, avrà un significativo riconoscimento economico, e sarà associato a un riconoscimento giuridico permanente, nel senso che non sarà più rimesso in discussione al variare della sede o del dirigente e che costituirà requisito indispensabile per svolgere le funzioni individuate
c) Costituirà inoltre precondizione indispensabile per l’accesso alla dirigenza scolastica e tecnica e per ricoprire ruoli nelle università e nei centri di ricerca
Si tratta di questioni fondamentali la cui risoluzione costituisce, a mio avviso, la vera priorità per tutte quelle scuole – e non sono poche – che hanno accettato la sfida della complessità grazie al lavoro volontario e assolutamente non riconosciuto svolto in questi anni da una parte significativa di insegnanti esperti e motivati. La consultazione ha insistito molto su questo aspetto e – contrariamente a quanto sostenuto dai settori più legati alla conservazione dell’esistente – non si è espressa affatto in una bocciatura dell’ipotesi del riconoscimento del merito, ma, al contrario, per una sua finalizzazione ad una introduzione dell’idea di “carriera”, che implica differenziazione delle funzioni e non solo progressione economica.
Se questo indirizzo sarà confermato, si tratterà perciò davvero di un grande passo in avanti.
E tuttavia…
Tuttavia non sono certo solo “alcuni dettagli”, come rapidamente accennato dal sottosegretario, quelli che sono in via di definizione.
La prima questione è il soggetto della valutazione. Un ruolo fondamentale sarà attribuito al Comitato di valutazione di scuola, che dovrà certamente tener conto anche del parere dell’utenza sulla base di strumenti semplici e rigorosi di rilevazione ( forse questo elemento ha portato all’enfasi giornalistica sulle “pagelle ai professori”), ma prima di tutto sulla base del possesso di crediti didattici e professionali da “pesare” con criteri definiti a livello nazionale e di soglie per l’ accesso alle carriere. Ma un ruolo autonomo, anche se certo non esclusivo e non prevalente, deve a mio parere essere attribuito anche al Dirigente, che è l’unico ad avere un punto di vista generale sul modo con cui l’insegnante vive ed è vissuto nel contesto scolastico e che il responsabile dei risultati conseguiti dall’Istituto. . Probabilmente occorre anche uno sguardo esterno, particolarmente per quel che riguarda i “mentores”, ma non credo si possa postulare la presenza costante di un dirigente tecnico all’interno di ogni singolo Comitato di valutazione.
La seconda questione è rappresentata dalla necessità che il riconoscimento economico sia collegata allo svolgimento effettivo delle funzioni di quadro intermedio, fermo restando il riconoscimento giuridico derivante dalla valutazione che ne costituisce la pre-condizione di accesso. Ossia: poiché la platea di chi consegue la qualifica sarà certamente più ampia di quella rappresentata da chi effettivamente opera, a mio parere bisogna postulare due livelli retributivi differenziati.
E quindi, la terza questione è quella del “quanti” debbano essere a livello di ciascuna scuola i docenti che accedono ai nuovi ruoli. Il 20-30% dice Faraone, al che corrisponde una certa quota di risorse assegnata a ciascuna istituzione. Ma il numero delle funzioni viene stabilito centralmente o a livello di scuola ? L’una o l’altra soluzione presenta rischi e vantaggi: se stabilita centralmente, si evita il rischio della distribuzione a pioggia, ma non si tiene conto della diverse caratteristiche di ciascuna scuola. Viceversa, si potrebbe assistere a una proliferazione eccessiva di funzioni non confrontabili. Probabilmente, si tratta di stabilire un range al cui interno ciascuna autonomia potrà scegliere.
L’ultima, forse la più importante, è quella – cui l’intervista non accenna – del rapporto con l’organico funzionale. Qualcuno dei docenti che accedono alle carriere intermedie potrebbe (secondo me, dovrebbe) essere distaccato parzialmente o totalmente dall’insegnamento, grazie alle risorse di personale aggiuntivo che dal prossimo anno dovrebbe consentire l’accesso in ruolo a circa 140.000 docenti precari. Ma questo significa che la dotazione di organico aggiuntivo non è determinata dalla posizione nelle graduatorie del personale, ma dalle necessità di ciascuna scuola o rete di scuole.
E questa rimane la partita decisiva su cui si gioca nell’immediato l’intero quadro della “Buona scuola” . Su questo aspetto, scottante per gli interessi materiali dei lavoratori, ma anche per quelli dell’Istituzione, sarebbe bene che i sindacati svolgessero un ruolo non di rappresentanza settoriale ( “tutti dentro e subito”) ma entrassero nel merito delle differenza tra le diverse aree disciplinari e sulla base del principio che, davvero, dopo questa operazione nella scuola si entra solo per concorso.