Perché la “Buona scuola” non dimentichi l’istruzione degli adulti
Perché la “Buona scuola” non dimentichi l’istruzione degli adulti
di Aldo Tropea
Sembra che a fine mese usciranno i primi provvedimenti – tra cui probabilmente un decreto legge- applicativi del documento sulla “Buona scuola”. I nodi che stanno arrivando al pettine sono tanti e si sa che nella scuola più che altrove il diavolo si nasconde nelle pieghe del dettato dei degli atti leigslativi. Ma c’è un aspetto di cui si è parlato poco e che rappresenta invece uno dei nodi del nostro sistema formativo: l’istruzione degli adulti.
Dopo anni di attesa, da quest’anno sono partiti in alcune regioni i Centri Provincciali previsti dalla Legge, ma le difficoltà incontrate dai dirigenti nel lunzionamento ordinario sono state tantissime, e non tutte riconducibili a questioni di particolare spessore politico, ma ad intralci di ordine burocratico.
Ne citiamo qui solo alcune, che non necessitano di altro se non di semplici atti amministrativi.
La prima questione è che sia effettivamente e urgentemente riconosciuta lla loro autonomia. Paradossamente, mentre il MEF ha provveduto alla bisogna consentendo ai Centri la possibilità di aprire un conto corrente, per il MIUR iI CPIA possono acccedere al Sistema Informativo solo attraverso i vecchi CTP e pertanto al momento non hanno organico proprio. In particolare, per quanto riguarda il rapporto con i corsi serali di secondo ciclo, né il personale docente, né il personale ATA hanno una collocazione definita. Rimuovere questa situazione è vitale per stabilizzare per poter effettivamente usufruire delle norme che di cui parla la Buona Scuola” relativamente all’organico funzionale, che è essenziale nei Centri.
Infatti, sia per l’insegnamento agli adulti, in particolare per l’alfabetizzazione degli stranieri, sia per i corsi di licenza media , che accolgono studenti per lo più in ritardo negli studi per motivi comportamentali, disagio sociale ecc., i CPIA necessitano di personale specializzato in grado di affrontare e gestire le particolarità del servizio. D’altrode, per la loro stessa struttura reticolare i CPIA hanno bisogno di un organico che finalizzi tutti i docenti in servizio alla personalizzazione delll’insegnamento ( accoglienza, definizione del patto formativo, riconoscimento dei crediti).
Il secondo punto nodale è quello del riconoscimento formale dei crediti.
E’ necessario mettere a punto procedure che diano valore di titolo di studio agli attestati certificativi concernenti il riconoscimento dei crediti in ingresso rilasciati dalla commisione art.5, sottolinendone il carattere di terzietà, a garanzia della trasparenza e trasferibilità dei titoli in ingresso.
Solo in questo modo si può risolvere il nodo dei rapporti tra CPIA e Scuole secondarie di II grado con i corsi serali, definendo con chiarezza quanto accennato in sede di circolare sulle iscrizioni rispetto alla possibilità di procedere anche con corso d’anno all’inserimento nel secondo ciclo a seguito della conclusione dei diversi periodi previsti dalla Commissione art. 5
In terzo luogo, I CPIA per poter svolegere la loro mission devono essere autorizzati a svolgere servizi di intermediazione al lavoro finalizzati all’orientamento e al placement; a riconoscere i crediti acquisiti in ambienti di lavoro; poter accedere a tutte le forme di facilitazione dell’utenza all’accesso al mondo del lavoro come garanzia Giovani e i nuovi perocrosi di apprendistato, a interloquire con i sistemi regionali di accreditamento delle agenzie formative, entrando a far parte in maniera organica del sistema di istruzione e formazione professionale.
Per quanto riguarda le condizioni strutturali, è necessario semplificare le procedure di convenzione con gli Enti proprietari dei locali in cui il servizio viene erogato e finanziare i CPIA in misura diversa e superiore dagli istituti comprensivi di primo ciclo, mettendoli in condizione di dotarsi di strumentazione adeguata al tipo di utenza, per rispondere al bisogno di una didattica specifica per il disagio sociale e per attivare forme di istruzione a distanza.
E’ assolutamente necessaio, infine, a fronte della situazione di assoluta precarietà degli ultimi anni, avviare una campagna di comunicazione che valorizzi l’esistenza di una struttura scolastica specifica che offre formazione e apprendimento all’utenza adulta, sia nell’ambito dell’educazione permanente e sia come ente di valorizzazione di competenze acquisite.
Ciò posto, rimangono le questioni di fondo mille volte sottolineate e mai realmente affrontate, anche in sede di contrattazione collettiva relativamente a:
a) Reclutamento. I posti di organico dell’Ida devono essere distinti da quelli “normali”, sia per quanto rigaurda i docenti, sia – soprattutto – per quanto riguarda i dirigenti scolastici. Per gli uni e per gli altri bisogna prevedere una formazione specifica e dare la precedenza alle richieste volontarie di incarico, con una stabilità, in prima applicazione, di almeno cinque anni.
b) Calendario scolastico. Le attività dei CPIA non possono avere la stessa scanzione delle scuole normali, ma debbono prevedere la possibilità di utilizzare anche periori come quello estivo, eliminando la contraddizione/concorrenza tra attività di lavoro e attività di studio.
c) Adottare una determinazione dell’orario di lavoro dei docenti diversa da quella tradizionale scandita da un orario settimanale di cattedra, rendendo applicabile contrattualmente la flessibilità prevista dal DPR 375/99. E’ infatti del tutto evidente che per gli adulti non funziona lo schema gentiliano di tempo scuola e la stessa scansione in periodi dell’attività didattica rende ingestibile l’ingessatura tradizionale delle classi di concoro e dell’organizzazione tradizionale.
Non so – temo di no – se questi temi possano entrare nelle urgenze della “Buona Scuola” ma debbono certamente entrare nel percorso di approvovazione dei disegni di legge successivi al decreto di fine mese, e debbono da subito costituire terreno di confronto sindacale.
La carne sul fuoco è tanta, lo so, ma non sarebbe buona politica quella di ignorarli.