A quando una riforma vera della scuola in Italia?
A quando una riforma vera della scuola in Italia?
di Pasquale La Femina
Quello che sta accadendo in questi giorni è un “déjà vu”. Tutte le volte che nella scuola si accenna ad un cambiamento si formano, così come è logico che sia, gli schieramenti contro e a favore. Chi nella scuola ci lavora da anni sa però benissimo che sono tante e altre le cose da cambiare. A cominciare dagli ordinamenti, non più adatti a rispondere alla domanda educativa e formativa proveniente dalle giovani generazioni e dalla società in rapida trasformazione. Basti pensare alla scuola secondaria di primo grado, assolutamente inadeguata e debole. Ma anche alla secondaria di secondo grado, sempre alla caotica ricerca di nuovi modelli organizzativi, con l’affastellamento confuso degli indirizzi più strampalati, senza una seria programmazione territoriale, rispetto ai reali bisogni formativi degli studenti.
Il problema è che non siamo, come comunità professionale, ancora riusciti a pensare e condividere un piano organico e coerente per intervenire laddove è necessario. Eppure sappiamo benissimo cosa non funziona: l’autonomia solo reclamizzata, la crescente sottrazione di risorse economiche alla scuola pubblica statale, un corpo docente (ma anche dirigente) “datato” e anche un po’ frustrato che necessita di un ricambio generazionale, la disaffezione e l’indifferenza degli studenti verso l’apprendimento, le crescenti e sempre più numerose disuguaglianze sociali, la scarsa attenzione per i bisogni educativi speciali, con le scuole spesso lasciate sole e senza risorse.
Questo è accaduto e continua ad accadere perchè sulla scuola siamo divisi; abbiamo lasciato nelle mani dei partiti e dei suoi satelliti, i sindacati, tutte le più importanti decisioni, subendone poi tutte le conseguenze, da quelle riguardanti gli aspetti culturali e didattici, fino a quelle meno nobili, ma necessarie, relative agli aspetti retributivi.
Sono anni che aspettiamo una riforma vera della scuola, non ne possiamo più di interventi giustapposti e slegati, di semplice modernizzazione, che accontentano ora l’uno e ora l’altro schieramento politico-sindacale, lasciando sostanzialmente tutto immutato.
Eppure si era partiti bene. La scuola, dopo tanti anni, sembrava dovesse finalmente riprendersi la ribalta. Dopo gli annunci di inizio settembre, le consultazioni e le attese, sono state mischiate un po’ le carte. Ora abbiamo un DDL nel quale sono tante e forse troppe le novità e sono tantissime le questioni ancora da definire e regolamentare con i decreti delegati che dovranno essere emanati ma che andrebbero però ad innestarsi in un impianto vecchio e manchevole. Per evitare sconquassi occorrerebbe solo non avere fretta e ragionare tutti , con calma e democraticamente, sul presente e sul futuro della nostra scuola, per mettere in campo un’azione di ampio respiro, finalmente riformatrice, che tenga conto soprattutto degli ordinamenti della scuola.
Il pericolo che tutto possa saltare c’è, ancora una volta. Succede sempre cosi ormai da anni: l’abbiamo già visto con la legge n.30/2000 dell’allora Ministro Luigi Berlinguer, e sappiamo tutti come è andata a finire. Anche adesso c’è più o meno lo stesso clima di contrapposizione e di resistenza conservatrice e corporativa, il rischio è che possa ripetersi lo stesso identico cliché di quegli anni: crisi di governo e nuovo ribaltone.
Ma non possiamo più permettercelo, il tempo è scaduto, la scuola deve cambiare davvero, ne va del futuro dei nostri figli.