L ’Offerta formativa delle scuole: ragionamenti e qualche idea per il Piano Triennale
L ’Offerta formativa delle scuole: ragionamenti e qualche idea per il Piano Triennale
di Antonio Valentino
Le ambiguità che rimangono
Credo sia stata cosa buona e giusta quella di posticipare al 15 gennaio la conclusione del processo di elaborazione e approvazione del Piano Triennale dell’Offerta formativa (PT).
Le novità della L. 107 su una serie di questioni organizzative (a partire da quelle su organici e nomine sui posti coprire) e i problemi e le difficoltà sempre grossi di inizio d’anno (non certo risolvibili nel breve periodo) certamente non favoriscono, in questa fase, una riflessione approfondita sul nuovo POF così da coglierne le forti discontinuità e la ratio.
Va annotato preliminarmente che nel nuovo testo dell’articolo rimangono ancora difficoltà interpretative che non aiutano certamente a dare linearità e chiarezza ad un testo (documento) che dovrebbe essere ad un tempo: rappresentazione di ciò che la scuola offre – in termini di istruzione e formazione e di strumenti / risorse (ma anche di percezione di sé: la sua identità percepita) – e progetto che prospetta miglioramenti e innovazione e ne stabilisce tempi e, anche qui, risorse e strumenti[1].
A queste difficoltà si aggiungono poi le ambiguità del nuovo quadro normativo che se da una parte tende a superare le contraddizioni di una visione della partecipazione senza responsabilità e disattenta ai risultati[2] (che si fa risalire ai Decreti Delegati del ’74); dall’altra continua a non considerare l’importanza e l’urgenza della riforma della partecipazione e dei suoi organi; e quindi di una governance interna efficacemente partecipata. Questa ambiguità si coglie soprattutto considerando le nuove responsabilità del DS rispetto alla predisposizione del Piano (del quale, come è noto, definisce ora gli indirizzi) e alla sua approvazione – ancora di competenza del CdI -. Piano che dovrà contenere anche le scelte di gestione e amministrazione, che sono prerogativa del Dirigente.
Averne consapevolezza penso aiuti a ricercare comunque, alla luce delle proprie e altrui esperienze, utili vie d’uscita.
Il PT: Le discontinuità e il loro senso
Per quanto riguarda le discontinuità e i cambiamenti introdotti dalla riformulazione dell’articolo 3 del regolamento nel comma 14 delle L. 107al PT, è opportuno partire da quelli più importanti che, nella percezione più diffusa sembrano essere i seguenti:
- la triennalità come misura temporale vincolante (per quanto rivedibile annualmente)
- la responsabilizzazione del DS rispetto alle linee di indirizzo per la elaborazione del PT e, complessivamente, rispetto ai risultati previsti nell’arco del triennio
- il raccordo, nella elaborazione e nella gestione, con il Rapporto di Autovalutazione (RAV) di Istituto e il Piano di miglioramento conseguente
- l’introduzione dell’organico potenziato come risorsa per la realizzazione del Piano
- l’obbligatorietà della formazione del personale docente come misura di realizzabilità e relative misure finanziarie (discutibili per uso e consistenza, ma comunque risorse)
- l’indicazione – nel Piano –
a. di insegnamenti e discipline tali da coprire il fabbisogno di posti comuni e di sostegno e dei posti per il potenziamento dell’offerta formativa e del personale ATA;
b. del fabbisogno di infrastrutture e di attrezzature materiali, nonchè dei piani di miglioramento …
Le discontinuità sopra richiamate, quale che sia la lettura che se ne vuol dare, accrescono i margini di fattibilità del Piano e conferiscono comunque maggiore senso alle operazioni di progettazione. La quale – va sempre sottolineato – è, secondo norma (Regolamento, art. 1) leva fondamentale dell’autonomia scolastica e costituisce aspetto connotante del POF (Regolamento, art. 3).
La progettazione come principio informatore del POF. Le Aree Progettuali (AP)
L’interrogativo che non ha avuto nel corso di questi anni una risposta univoca riguarda le modalità di esprimere /esplicitare la natura progettuale del POF.
La proposta più autorevolmente accreditata[3], anche perché avvalorata da non poche esperienze (attestate dai siti “navigabili” in Internet), mette al centro del percorso di elaborazione, le Aree tematiche che raccolgano gli obiettivi di miglioramento, rispetto ai quali mettere in atto procedure proprie di una attività di progettazione.
In tale proposta le Aree di obiettivi (e quindi di attività per raggiungerli) si configurano pertanto come aree progettuali, che attengono prioritariamente, secondo quanto prescrive il Regolamento (ancora art. 3) agli ambiti dell’educativo e del curricolo, della didattica e dell’organizzazione, ma anche delle scelte di gestione.
Comunque il POF, soprattutto nella sua struttura triennale, non è solo il documento che presenta e rappresenta le direzioni di miglioramento, sviluppo e innovazione della scuola e ne definisce progettualmente i termini (aree progettuali ed obiettivi prioritari). Esso descrive anche – come vedremo meglio in seguito – la scuola attraverso il suo profilo (il Regolamento dell’Autonomia parla di “identità”) così come costruito negli anni, la sua specifica tipologia (i suoi insegnamenti e la sua offerta complessiva), le sue strutture e le sue risorse strumentali, le sue regole e i codici di comportamento – anche in quanto strumenti di gestione – di attori e organi della sua comunità.
Le Aree Progettuali, dentro ad un documento così composito, rappresentano la sezione del Piano in cui sono pianificate attività e strategie prioritarie che nel triennio sono finalizzate (e quindi progettate e programmate) a migliorare la scuola non solo sotto il profilo delle esperienze formative previste dai curricoli, ma anche in rapporto al clima interno, agli ambienti, alle strutture, alle modalità di valutare gli esiti complessivi e di rendicontarli.
Se è da ritenere scontato che miglioramenti, sviluppi e innovazioni del curricolo rappresentano gli ambiti dell’impegno prioritario, va anche aggiunto che adeguata attenzione va rivolta alle altre aree di intervento che col curricolo sono comunque in stretta relazione, quali, ad esempio:
- la qualità della didattica (nelle sue varie declinazioni) e quindi la formazione del personale[4];
- l’ambiente educativo (le relazioni, la comunicazione, le reti interne, gli spazi, le strutture e la loro cura, le aperture al mondo di fuori ….);
- gli assetti organizzativi e il funzionamento,
- la gestione delle risorse professionali, strumentali, finanziarie[5],
- le modalità del monitoraggio e della rendicontazione.
Si è ipotizzato di inserire, tra le aree progettuali, anche il monitoraggio e la rendicontazione perché i loro obiettivi di miglioramento e innovazione si interfacciano con quelli di tutte le altre aree di intervento e ne condizionano gli esiti.
L’individuazione degli obiettivi e loro dimensione progettuale
Va inoltre ancora richiamato che
- gli obiettivi di miglioramento e di innovazione vanno individuati sia in base alle rilevazioni e indicazioni di intervento emerse nel processo di autovalutazione e assunte nei Piani di Miglioramento, sia in base alle proposte degli organi e delle associazioni interne che delle realtà territoriali interessate;
- se non si vuole che il POF continui ad essere o il libro dei sogni o lo specchietto per le allodole, è opportuno che la selezione degli obiettivi venga fatta secondo criteri di priorità, condivisione e fattibilità (l’opzione minimalista in questa fase sarebbe comunque da preferire: due tre progetti al massimo per ogni area potrebbero essere una buona regola);
- occorre garantire sempre un approccio agli obiettivi che salvaguardi la dimensione progettuale (nel senso che la loro implementazione – come e in che tempi raggiungerli /realizzarli – va sempre progettata, programmata e monitorata), per evitare che la gestione degli obiettivi si riduca ad attività routinaria e allenti l’attenzione al cambiamento necessario per dare risposte adeguate al fabbisogno formativo degli studenti.
La triennalità
La triennalità, oltre ad essere tra le scelte più innovative del nuovo POF, è anche – assieme alla definizione degli indirizzi da parte del DS – quella che maggiormente segna la discontinuità rispetto alle esperienze precedenti. Essa comporta /dovrebbe comportare infatti una visione del proprio futuro: definito negli esiti, progettato e pianificato (anche in rapporto all’organico ad essi funzionale) così che se ne possa fare un bilancio trasparente alla fine del triennio.
“Visione” è qui prefigurazione sia dei miglioramenti sia delle innovazioni necessari e implica coinvolgimento o almeno adesione della scuola che soprattutto al DS – che comunque nell’intero processo è chiamato ad un ruolo di co-protagonista – spetta sviluppare.
Non solo Progetto
Se le aree che abbiamo definite progettuali (curricolo con didattica/formazione, ambiente e organizzazione, rendicontazione ….) rappresentano il cuore del POF – e quindi gli indirizzi su queste aree devono poter prefigurare i risultati che si attendono dall’elaborazione e le direzioni di lavoro della Commissione chiamata alla sua elaborazione – , va ovviamente recuperata l’importanza di una sezione a premessa, in cui sia esplicitato il profilo della scuola (tradurrei con questo termine meno pretenzioso “l’identità culturale” del Regolamento) nei suoi termini essenziali [6].
Prevedere infine una sezione conclusiva da dedicare ai codici di comportamento dei vari soggetti (a partire da quello del DS) e organi della scuola – in coerenza con i valori e gli obiettivi esplicitati nelle sezioni precedenti – è una scelta che, se bene meditata e gestita, può essere espressione importante di una identità che si costruisce puntando al meglio nelle relazioni, nella cura e nel rispetto delle persone e degli ambienti, ecc..
Il difficile lavoro di elaborazione. Primo: Mettere le idee coi piedi per terra
Ovviamente queste considerazioni e idee sono essenzialmente delle possibili coordinate per dare senso e forma ai contenuti del Piano.
Quello che è altrettanto importante – e certamente più impegnativo – è come far stare in piedi tali idee e proposte e come dare loro una consistenza più solida per camminare.
È evidente che tutta la partita poggia soprattutto sul DS,
sulla qualità degli indirizzi su cui ha chiesto condivisione e coinvolgimento al Collegio e sulla squadra che riesce mettere in piedi,
sulla sua capacità di essere un attivo interlocutore / risorsa della squadra di cui è parte e sul supporto e sugli orientamenti che riesce a garantire; oltre che sulla sua consapevolezza della posta in gioco nel processo di elaborazione.
Quindi, in primo piano, la scelta della squadra e delle competenze giuste per il lavoro previsto, ma assieme anche una visione del PT come documento della scuola in generale e della comunità professionale dei docenti in particolare.
Questo concretamente significa, con riferimento alle Aree progettuali e al lavoro di progettazione, che, se è compito della Commissione (la squadra) definire i piani di progetto per gli interventi prioritari e articolarli sul triennio[7], il lavoro di progettazione vero e proprio dovrebbe essere compito dei gruppi (CdC, GD, gruppi di progetto) che saranno chiamati a gestire il progetto. Questo farebbe sentire il PT come il Piano della scuola e non il documento di una squadra per quanto avallata dal CD.
La qual cosa implica un primo fondamentale impegno: qualificare ulteriormente gli insegnanti sul terreno della progettazione, che sappiamo essere una competenza non ancora molto diffusa nelle nostre scuole.
Alcune possibili linee operative per un Piano che non solo stia in piedi, ma che abbia anche gambe per camminare, sono state presentate recentemente ad un Tavolo di lavoro dell’ANDIS di Milano. Si riportano di seguito come una ipotesi di lavoro:
Linee operative per la elaborazione /redazione. Una ipotesi di lavoro
• Non si parte da zero (ripensare e valorizzare le esperienze pregresse: quali errori evitare; cosa recuperare)
• Commissione di lavoro: potrebbe essere la stessa che ha lavorato al RAV con opportune integrazioni. Le linee di indirizzo come documento da chiarire e approfondire in incontri preliminari
• Confronto con qualche esperienza interessante di pianificazione dell’OF: guardarsi attorno, fuori del proprio orto
• Darsi un indice e verificare che le voci a cui si tiene di più siano presenti in misura significativa
• Privilegiare, in una prima fase, schede e tabelle
• Scheda di progetto per ogni obiettivo prioritario individuato per le diverse Aree, articolata sul triennio e pensata in vista della progettazione ad opera dei gruppi che le daranno gambe
• Ridurre al minimo le pagine del documento (gli allegati: progetti, piani di materie e indirizzi, regolamenti e statuti …, da prevedere come documenti a parte)
• La scrittura del documento: pensando ai destinatari (che non sono solo i colleghi, ma anche i genitori, e tutti gli altri “portatori di interesse”)
COORDINATE TEMPORALI E STRATEGICHE DEL PIANO TRIENNALE (PT)
Il diagramma che segue vuole essere un modello di rappresentazione della progettazione / pianificazione triennale degli obiettivi e delle relative attività. Va considerato contestualmente alla scheda sulle Aree progettuali e rappresenta una modalità sperabilmente semplice (e tutta comunque da sperimentare)
a. di considerare / approcciare gli obiettivi delle varie aree secondo indicatori comuni;
b. di articolare gli stessi in sotto-obiettivi da distribuire nel triennio.
1 Mi riferisco, sempre a proposito del POF, alla difficoltà interpretativa o all’enfasi distorcente di passaggi testuali quali: “è (…) costitutivo [?] dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare,….”, o “comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizza le corrispondenti professionalità”.
2 In controtendenza rispetto al modello dei Decreti Delegati del 74 (Organi Collegiali),
a. si fissano (dopo anni di ricerche e sperimentazioni,modalità di valutazione del DS (per la verità non nuove, ma che ora costituiscono dispositivi certi e vincolanti) rispetto agli esiti previsti del Piano Triennale e dei Piani di Miglioramento (in base agli esiti viene attribuita la retribuzione di risultato);
b. si avvalorano le forme di superamento dell’autoreferenzialità di scuola attraverso opportune correlazioni con le disposizioni del Regolamento del SNV (periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti e sulle competenze degli studenti – predisposte e organizzate dall’Invalsi anche in raccordo alle analoghe iniziative internazionali – e i Nuclei di valutazione esterna). Il riferimento legislativo è DPR 80/2013 e la Direttiva Ministeriale 2 marzo 2015.
3 Già T.De Mauro–A.Armone (2006) individuavano come fattori di successo, oltre alla pluriennalità (è il PA che va costruito su base annuale e con riferimento all’anno finanziario) e alla stabilità, anche l’articolazione in aree progettuali.
4 Da finalizzare in primo luogo ad una piena realizzazione del Piano (prevedibilmente: superamento della lezione frontale e didattiche innovative, la valutazione diagnostica e formativa come variabile della didattica, gestione della classe e ascolto attivo, le tecnologie informatiche, la classe come laboratorio, …).
5 L’art. 3 del Regolamento dell’autonomia, anche nella versione della L. 107, parla di indirizzi (definiti dal DS) per le attività e per le scelte di gestione e amministrazione. Interrogativo: considerato che, alla luce del DPR 165/2001), gestione e amministrazione sono prerogative del DS, ha senso – rispetto ad esse – la definizione di indirizzi? O si vuole forse intendere che tali prerogative devono comunque rientrare / devono ispirarsi alle scelte di “identità culturale e progettuale” dell’Istituzione Scolastica autonoma? Una interpretazione in questo senso potrebbe probabilmente spiegare la scelta di fare – di tali tematiche – specifica sezione del POF: la cui approvazione è comunque prerogativa del CdI.
6 Profilo: possibili “ingredienti”: 1. Cosa studenti e famiglie devono aspettarsi; 2. Presentazione panoramica degli insegnamenti comuni e di quelli “speciali” (elettivi, opzionali …); 3.Breve descrizione delle occasioni / opportunità che la scuola offre (mostre, scambi culturali, partner iati …); 4. Lineamenti dei Piani per il triennio: dei progetti cioè in via di implementazione, sviluppo e pianificazione, per migliorare apprendimenti , ambienti e strategie ….
7 Si potrebbe pensare, in prima battuta, al tipo di schede, ovviamente con le voci giuste e opportunamente precisate, che si allegano al Programma Annuale per motivare le spese in rapporto alle finalità dell’iniziativa che si mette in campo.
Triennio AP __ / Attività______________ |
2016-2017 |
2017-2018 |
2018-2019 |
Obiettivi / risultati attesi (tappe e traguardo) | |||
Le strategie (le azioni coordinate, distribuite nell’arco del triennio) | |||
Previsioni di monitoraggio per aggiustamenti e modifiche | |||
Uso delle risorse di cui si dispone e richiesta delle figure di insegnamento funzionali |
_____________________________
[1] Mi riferisco, sempre a proposito del POF, alla difficoltà interpretativa o all’enfasi distorcente di passaggi testuali quali: “è (…) costitutivo [?] dell’identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare,….”, o “comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, valorizza le corrispondenti professionalità”.
[2] In controtendenza rispetto al modello dei Decreti Delegati del 74 (Organi Collegiali),
a. si fissano (dopo anni di ricerche e sperimentazioni,modalità di valutazione del DS (per la verità non nuove, ma che ora costituiscono dispositivi certi e vincolanti) rispetto agli esiti previsti del Piano Triennale e dei Piani di Miglioramento (in base agli esiti viene attribuita la retribuzione di risultato);
b. si avvalorano le forme di superamento dell’autoreferenzialità di scuola attraverso opportune correlazioni con le disposizioni del Regolamento del SNV (periodiche rilevazioni nazionali sugli apprendimenti e sulle competenze degli studenti – predisposte e organizzate dall’Invalsi anche in raccordo alle analoghe iniziative internazionali – e i Nuclei di valutazione esterna). Il riferimento legislativo è DPR 80/2013 e la Direttiva Ministeriale 2 marzo 2015.
[3] Già T.De Mauro–A.Armone (2006) individuavano come fattori di successo, oltre alla pluriennalità (è il PA che va costruito su base annuale e con riferimento all’anno finanziario) e alla stabilità, anche l’articolazione in aree progettuali.
[4] Da finalizzare in primo luogo ad una piena realizzazione del Piano (prevedibilmente: superamento della lezione frontale e didattiche innovative, la valutazione diagnostica e formativa come variabile della didattica, gestione della classe e ascolto attivo, le tecnologie informatiche, la classe come laboratorio, …).
[5] L’art. 3 del Regolamento dell’autonomia, anche nella versione della L. 107, parla di indirizzi (definiti dal DS) per le attività e per le scelte di gestione e amministrazione. Interrogativo: considerato che, alla luce del DPR 165/2001), gestione e amministrazione sono prerogative del DS, ha senso – rispetto ad esse – la definizione di indirizzi? O si vuole forse intendere che tali prerogative devono comunque rientrare / devono ispirarsi alle scelte di “identità culturale e progettuale” dell’Istituzione Scolastica autonoma? Una interpretazione in questo senso potrebbe probabilmente spiegare la scelta di fare – di tali tematiche – specifica sezione del POF: la cui approvazione è comunque prerogativa del CdI.
[6] Profilo: possibili “ingredienti”: 1. Cosa studenti e famiglie devono aspettarsi; 2. Presentazione panoramica degli insegnamenti comuni e di quelli “speciali” (elettivi, opzionali …); 3.Breve descrizione delle occasioni / opportunità che la scuola offre (mostre, scambi culturali, partner iati …); 4. Lineamenti dei Piani per il triennio: dei progetti cioè in via di implementazione, sviluppo e pianificazione, per migliorare apprendimenti , ambienti e strategie ….
[7] Si potrebbe pensare, in prima battuta, al tipo di schede, ovviamente con le voci giuste e opportunamente precisate, che si allegano al Programma Annuale per motivare le spese in rapporto alle finalità dell’iniziativa che si mette in campo.