Caro Maurizio. Di riforma, competenze e altro
Caro Maurizio. Di riforma, competenze e altro
Antonio Valentino
Caro Maurizio,
ho letto la tua lettera apparsa ieri su ScuolaOggi come lo sfogo ad un amico in grado di condividerla. L’ho apprezzata, soprattutto perché viene da una persona appassionata, competente come poche altre di cose di scuole – e non solo -, colta. Apprezzata e condivisa.
Con qualche annotazione e riflessione aggiuntiva.
Al centro del tuo ragionamento c’è l’amarezza per questo MIUR di cui denunci – sulla base dell’esplicito richiamo al modello di certificazione delle competenze per il primo ciclo, recentemente proposto – non solo ignoranza e incompetenza, ma anche pressappochismo di fronte ad una situazione in gran parte allarmante.
L’amarezza per le sorti della nostra scuola è un sentimento condiviso da tanti che in questi anni hanno lavorato senza risparmiarsi sperando in una scuola migliore e assistono invece a questa sorta di impantanamento da cui sembra difficilissimo uscire.
Quello che non mi convince della tua lettera è, da una parte, la sovrapposizione tra giudizio sulle competenze (incompetenze) del MIUR e giudizio sulla nuova legge di riforma; dall’altra, l’assenza di qualsiasi riferimento, nelle tue considerazioni, ai soggetti fondamentali di tutti questi nostri ragionamenti: le scuole, gli insegnanti, i ds (per limitarmi a chi ha più responsabilità). Quasi a significare – senza ovviamente volerlo – che hanno prerogative per “fare scuola” solo l’Amministrazione e le leggi; e che a docenti e ds spetti solo applicare le norme o lamentarsi o salire sulle barricate.
Per quanto riguarda il primo aspetto (la sovrapposizione), non mi convince la tua enfasi sulla “valanghe di problemi” e sulle “tonnellate di ricorsi” che la nuova legge, a tuo dire, scatenerà. E l’implicita affermazione (ma altre volte le tue analisi sulla nuova legge sono state ben esplicite) di un giudizio senza appello.
Come ben sai, i ricorsi sono uno sport nazionale nel nostro paese. E non possono essere considerati – se ne arriveranno – come il criterio fondamentale su cui basare valutazioni appropriate.
È invece interessante un tuo passaggio in cui dici – ed è un giudizio che ha apprezzabili fondamenti – che in questa legge c’è “tutto e il contrario di tutto”.
Interessante perchè questo significa che ci possono essere spazi per interventi capaci di innovazione positiva e di miglioramenti sensati o del loro contrario.
Già altre volte ho richiamato (assieme ai punti di forza che non mancano) le forti criticità del testo di legge; e tra queste soprattutto quelle che riguardano la valorizzazione del merito, le incongruenza delle norme sull’alternanza, il potenziamento delle funzioni del DS – tra l’altro sacrosanto – fuori da un modello di scuola come comunità professionale, responsabile e competente e con un suo ruolo forte nella vita delle scuole). Ma a ben guardare anche in queste norme palesamente opache o contradditorie è possibile trovare spazi per interventi di una qualche sensatezza ed efficacia.
Ne ho scritto più volte non per assolvere legislatore (governo) e amministrazione. Non ci ho la vocazione. Ma essenzialmente per evidenziare un valore – e un principio – che, quasi subito dopo essere entrato nella nostra legislazione (e addirittura nella Costituzione, così come “ novellata” nel 2001), non abbiamo saputo coltivare e far crescere: l’autonomia delle Istituzioni scolastiche. E per mettere al centro dei processi di rinnovamento il protagonismo delle scuole e la riforma degli insegnanti.
Mi ricordo qui di un’affermazione di Sergio Auriemma: “La scuola sarà nuova (…), per quanto “nuovi” diventeranno atteggiamenti mentali, comportamenti, iniziative, atti professionali di chi in concreto fa scuola”. E di un’altra di Luigi Berlinguer, in un seminario di fine luglio: “Vale anche per la nuova legge di riforma il principio che le leggi non si applicano ma si interpretano, alla luce del quadro normativo più generale (e nel nostro caso del Regolamento dell’Autonomia), e si implementano”. (Implementare qui nel senso, credo, di dare gambe attraverso strategie autonome, correlate al percorso, al traguardo, alle difficoltà, alle risorse).
Riprendo qui il tuo riferimento alla sperimentazione dei modelli per la certificazione delle competenze per chiedere: cosa vieta oggi alle scuole – ammesso che si possa veramente fare di meglio – di lanciare la sfida di modelli altri, di proposte diverse e più sensate? Solo la mancanza di risorse finanziarie per riconoscere gli impegni aggiuntivi? Che però una volta c’erano ma non hanno prodotto i risultati attesi? O si pensa che questa Amministrazione ha la forza e la credibilità di mettersi di traverso rispetto a progetti sensati e opportunamente studiati delle scuole?
O il problema attualmente è un altro? E riguarda le competenze necessarie e la volontà di mettersi in gioco, frustrata certo da indecorose politiche del personale durate troppo a lungo, che non possono però costituire alibi permanente e giustificazione unica per l’arretratezza del sistema?
(Una curiosità: ma perché ancora un altro Riordino dei cicli? Per farcene cosa. adesso? Perché non facciamo funzionare le Linee Guida per le Superiori e le Indicazioni Nazionali per il Primo ciclo, che non sono male?)
Sono queste le domande che la tua lettera mi ha sollecitato e che rinviano probabilmente a forme altre di impegno oggi nella scuola.
Forme altre che non significhino ovviamente rinuncia a mettere in primo piano obblighi e responsabilità dell’Amministrazione e a rivendicare i diritti di chi nella scuola lavora – a partire dal rinnovo contrattuale, che non può essere confuso con le regalie del governo -.
Comunque ragioniamoci.
Per te, in ogni caso, caro Maurizio, affetto e ammirazione sempre allo zenith.