Il grande inquisitore di…bozze!
Il grande inquisitore di…bozze!
di Cinzia Mion
E’ risaputo che ci sono docenti talmente affezionati alla loro disciplina da diventare totalmente allergici alla psicologia dell’apprendimento e ai modelli di insegnamento orientati allo sviluppo delle competenze degli allievi. E’ a questi insegnanti che si rivolgeva il professor Ernesto Galli della Loggia quando si è messo ad esaminare con pignoleria meticolosa le Linee guida riguardanti il bilancio delle competenze che dovranno compilare i docenti neoassunti?
Così deve essere successo (o no?) perché nel Corriere della sera di sabato 12 marzo è apparso un articolo del nostro dal titolo”L’assurdo calvario dei neoprofessori” consistente in una filippica intrisa di ironia pungente – perché il disprezzo egli dice di averlo trattenuto- contro il suddetto documento del Miur (in verità controfirmato da INDIRE). Di fronte infatti all’anno di prova dei docenti appena entrati in ruolo – attraverso la legge 107/2015, che ha azzerato le graduatorie, permettendo a tanti soggetti anche con poca o nulla esperienza di affrontare questo importante e delicato lavoro – il Ministero ha pensato di offrire un sostegno, una impalcatura che potesse prefigurare la co-costruzione di una buona professionalità “riflessiva”. Ahi, ahi …anche a me è sfuggito un termine da “ideologia della scuola italiana, da permanente soviet casareccio..” perché è così che l’illustre docente, editorialista di uno dei più autorevoli quotidiani d’Italia, definisce il clima culturale in cui è stato elaborato il documento in questione.
Penso invece al senso di disorientamento di molti docenti neoassunti che si sono sentiti “scaraventati nel ruolo”, bisognosi di tutto ma soprattutto di apprendere ad insegnare, di strutturare un po’ alla volta le competenze che costituiscono questa complessa professione, per rendersi conto dei punti di forza e di quelli di debolezza, al fine di poter migliorare; penso che è la prima volta che il cosiddetto anno di prova promuove azioni formative più articolate del vecchio sistema, diventato routinario ed inconsistente e mi convinco sempre più che chi prova ad incidere per cambiare la scuola incappa , prima o poi, in ostacoli come questi. Pretestuosi ed artefatti, quasi su commissione….
Ho notato la pedanteria cavillosa con cui è stata condotta l’analisi linguistica del testo, quasi da correttore di bozze fornito di lente di ingrandimento e pazienza certosina (cui prodest?) senza tenere presente che esistono dei lessici specifici di ogni disciplina che non solo “ha” un suo linguaggio ma “è” un linguaggio (com’è per la storia!). Forse la pedagogia e la didattica non hanno la dignità di saperi disciplinari?
“Bisogna sapere che da molto tempo la bestia nera del Miur è l’individualismo”, incalza ad un certo punto il nostro. Allora io immagino, deducendolo da quello che scrive, che attraverso il suo (implicitamente) autodecantato individualismo, vale a dire autogenerazione della sapienza di docente, lui non abbia avuto bisogno alcuno della cosiddetta “didattica” per fare l’insegnante. Questa sarebbe stata infatti un inutile orpello perché, naturalmente, chi “sa veramente” sa senz’altro anche insegnare (…dove l’ho già sentita questa?…)
Kaes direbbe che è stato preda della fantasmatica di “autoformazione o partenogenesi”(cfr.Renè Kaes, Quattro studi sulla fantasmatica di formazione e il desiderio di formare”)
Il nostro editorialista, che spesso si occupa di scuola solo per attaccarla, si è perso qualche piccolo riferimento culturale (succede professore, non se ne dolga) per esempio alle neuroscienze ed alle loro recenti scoperte sull’intersoggettività, che hanno riconosciuto la scientificità delle intuizioni di Vygotskij e del suo approccio socio-culturale (…oddio ci sono ricascata…), qualche accenno alle “comunità di pratica” quindi anche alle comunità professionali di docenti: tempi e luoghi dove si impara la professione (naturalmente per chi nasce sprovveduto e non già imparato…) ed all’importanza di diventare “professionisti riflessivi”(D.Schon).
Ricordo un altro attacco alla scuola (quale idea di scuola?) – e insieme alla scuola anche allora al Ministero – al tempo di “Cittadinanza e Costituzione”: il medesimo sarcasmo, il medesimo disprezzo la stessa supponenza tali da inficiare le argomentazioni. Ricordo la critica di precettismo catechistico e di moralismo rivolta agli estensori della proposta e rammento anche di aver pensato a come, quando si parla di etica (in questo caso di etica pubblica) o di morale, qualcuno arricci subito il naso e passi a tacciare il tutto di moralismo.
Cara Ministra Giannini, non si lasci impressionare, tiri dritto come ha fatto con l’attacco subito nel nome del famigerato gender. Gli attacchi sono simili, anzi parenti.
E a lei professor Galli della Loggia dico – da umile dirigente scolastica in pensione, che ha dedicato però la vita alla scuola e ai suoi docenti – che l’alterigia e il livore che trasudano da queste incursioni contro la scuola e contro chi sta provando a rinnovarla sono un po’ sospetti e troppo ad orologeria (come si usa dire).
PS. Su un dettaglio le posso dar ragione, caro professore: sul refuso del congiuntivo, (certo imperdonabile) sfuggito a più di un occhiuto revisore. Ma è troppo poco per ricostruire la scuola di cui il nostro Paese ha bisogno.