Valutare i dirigenti scolastici per rendere stabile il sistema dell’istruzione
Valutare i dirigenti scolastici per rendere stabile il sistema dell’istruzione
di Stefano Stefanel
Il processo di valutazione dei dirigenti scolastici sembra avviato alla sua realizzazione. Che le cose siano andate avanti lo si comprende anche da un certo allarmismo di una parte della categoria che preme anche se in maniera non molto evidente per l’ennesimo rinvio, ma anche dagli atti che il Miur sta compiendo tramite gli Uffici Scolastici Regionali, primo tra tutti la nomina dei Nuclei di Valutazione. La funzione dirigenziale è diventata effettiva nel 2000: se dopo 16 anni non è ancora stata neppure iniziata una valutazione così come prevede la norma è perché il sistema scolastico italiano ha sempre temuto qualsiasi valutazione che non fosse generica o generale. Bisogna sempre partire da questo dato di fatto per comprendere come muoversi.
L’attribuzione del bonus premiante il merito e il piano nazionale di formazione per i docenti hanno però rotto gli argini e la legge 107/2015 pare per certi versi una strada senza ritorno, destinata comunque ad arrivare ad un punto in cui le vecchie coordinate del sistema scolastico saranno mutate. Se cambia la figura del docente, se il suo ruolo nella scuola non può più essere lo stesso è impossibile che la figura dirigenziale rimanga immobile e immutata. Magari ci saranno altri rallentamenti alla legge 107, forse si tornerà a pratiche del passato obsolete ma potenti, ma ci sono troppi elementi che dimostrano come la scuola è pronta per un cambiamento che l’allontani dalla tradizione che l’ha portata troppo in basso.
In tutto questo movimento non può mancare la valutazione dei dirigenti scolastici, come elemento unificante una categoria ormai dispersa in mille rivoli e in mille comportamenti e che non è più riconducibile ad un profilo unitario. Ci sono molti di noi che sono come Robinson Crusoe, vivono la propria scuola come un’isola deserta da cui non uscire mai e dentro cui vivere tutta la propria vita professionale, stanno a scuola un numero preoccupante di ore e controllano tutto: se per caso passasse una nave a “salvarli” vi salirebbero solo se hanno finito quello che stanno facendo. Ma ci sono anche molti di noi che come Jim Hawkins vanno alla ricerca del tesoro e si cacciano in un mare di guai da cui vengono spesso fuori in maniera rocambolesca e non sempre positiva. Ci sono però tra noi anche quelli come Gulliver giganti tra i nani e nani tra i giganti, sempre fuori posto, sempre in affanno, sempre in un mare ignoto, sempre lamentosi, prigionieri, stanchi. E magari ci sono anche quello come Oliver Twist, orfani dei sindacati amici, dei provveditorati, degli adempimenti comunicati dal ministero: orfani insomma della scuola che non c’è più.
Come si fa a valutare tutte queste diverse tipologie di dirigenti facendo comunque un’operazione almeno equa? E’ possibile costituire Nuclei di valutazione che rispettino la legge e il contratto, che garantiscano la correttezza delle procedure e che non scontentino nessuno? Operazione complessa, che richiede molto equilibrio e che per forza di cose si scontrerà con casi di eclatante incompetenza o autismo professionale. Non è chiaro come andrà a finire, ma è chiaro che da questa rotaia non si esce e che la direzione scelta è molto interessante e va intravedere condizioni di evidente realizzabilità, cosa di non poco conto di fronte a sedici anni di tentativi falliti.
Se però si procrastinasse ancora la valutazione dei dirigenti scolastici ci si troverebbe nel pericoloso paradosso per cui la categoria che per legge deve essere valutata per prima non viene valutata, mentre continua a farlo dal punto nei confronti dei docenti (chiamata diretta, bonus premiante, anno di prove, ecc.). E’ sotto gli occhi di tutti che una parte della scuola, molto presente e vociante, chiede l’eliminazione di tutto questo e il ritorno alla scuola senza responsabilità. Ma l’opinione pubblica e le famiglie hanno già indicato la direzione che deve essere tenuta: a nessuno può essere sfuggito quello che è accaduto in questi giorni con le bordate di Gian Antonio Stella sul “Corriere della sera” a difesa proprio dei provvedimenti della legge 107 più attaccati dal mondo della scuola e con la lettera della collega Nadia Vidale al docente che si è presentato a scuola il 23 dicembre dopo tre mesi di assenza. L’opinione pubblica, le famiglie, gli studenti stanno con Stella e con la Vidale e su questo non c’è alcun dubbio. Io credo sia necessario tenerne conto e collegare la valutazione del dirigente scolastico all’erogazione del servizio così come viene inteso dalla parte degli studenti, danneggiati oggettivamente da troppi diritti dei lavoratori della scuola.
Il lavoro fin qui svolto dagli Uffici scolastici regionali in relazione alla revisione del contratto dei dirigenti scolastici non in scadenza e all’elaborazione di un contratto per quelli di nuova nomina mi pare molto interessante: legare la valutazione al Piano di Miglioramento della Scuola può sembrare una sfida ardita, ma questo legame contiene delle ottime potenzialità professionali per la categoria. Una parte degli obiettivi non possono essere realizzati direttamente dal dirigente scolastico senza la collaborazione di docenti e studenti, ma proprio per questo si tratta di individuare la strada per condurre la propria scuola su reali esiti di miglioramento che abbiano un carattere reale e non solo cartaceo. Se un obiettivo è stato o meno raggiunto non lo dice la carta, ma i fatti e questo è di per sé interessante. Laddove quell’obiettivo è comunque un obiettivo didattico che richiede la sinergia di tutte le componenti della scuola ecco che la funzione dirigenziale deve diventare fortemente creativa per spingere le parti del suo sistema verso gli obiettivi di miglioramento. Una bella sfida che potrebbe portare ad un forte aumento della professionalità dei dirigenti scolastici italiani.
Il rapporto tra valutazione del dirigente scolastico, piano di miglioramento e obiettivi assegnati io credo trovi la sua risoluzione in alcuni passaggi molto chiari dell’art. 25 del d.lgs 165 del 2001:
- “il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualità dei processi formativi
- “nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici, spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane.
- “per l’esercizio della libertà di scelta educativa delle famiglie e per l’attuazione del diritto all’apprendimento da parte degli alunni.”
In questi quindici anni a livello pubblicistico si è spesso sorvolato su un bivio terminologico di altissimo valore del d.lgs 165, anche se nella prassi tutti si sono accorti che la questione non era di difficile risoluzione: gli organi collegiali hanno competenze, il dirigente scolastico ha poteri. Tra “competenza” e “potere” c’è una bella differenza, perché la competenza è definita da un contesto, il potere da un’azione diretta. Ecco allora che se il potere il dirigente scolastico lo esercita sulla “qualità dei processi formativi”, nella “direzione”, nella “valorizzazione delle risorse umane”, per l’”attuazione dei diritto all’apprendimento da parte degli alunni” si spostano gli obiettivi della scuola dalle esigenze del personale a quelle degli studenti. Quella della valutazione del dirigente scolastico è dunque una bella sfida sul potere collegato al raggiungimento degli obiettivi. La strada è inedita e sconosciuta, ma merita di essere percorsa in fretta.