Un po’ scarsino, se si può dire. A proposito del portfolio per la valutazione dei DS
Un po’ scarsino, se si può dire.
A proposito del portfolio per la valutazione dei DS
di Antonio Valentino
Complice il caldo che, in questo inizio di stagione fa la sua parte, talvolta impietosamente, la prima lettura del Portfolio predisposto dal MIUR per la valutazione dei DS non crea particolari problemi.
Delle quattro parti infatti, la prima, sul curriculum professionale, si può ben risolvere in un “copia e incolla” da precedenti documenti; la seconda, sull’’autovalutazione, si può tralasciare, visto che è “facoltativa e riservata e non incide sulla valutazione finale; la quarta ha come figure principali di riferimento il Nucleo di Valutazione e il Direttore Scolastico Regionale. Rimane la terza sezione, su obiettivi e azioni professionali, la cui compilazione può richiedere un qualche impegno.
Ma, ad una seconda lettura – soprattutto se si è presi nel frattempo un buon caffè freddo, e si vanno quindi a riconsiderare le sezioni centrali del Portfolio che intrigano in modo particolare – riemergono, sul modello valutativo proposto dal MIUR, i dubbi e le criticità che il dibattito dei mesi scorsi ha messo in luce[1].
Ma soprattutto si evidenzia un limite, un vuoto, che finora nel dibattito è stato messo poco sotto osservazione e approfondito; forse perché esso appare più evidente proprio grazie alla struttura del portfolio e alle dimensioni professionali (o aspetti) del ruolo che lo caratterizzano.
Due punti di attenzione a premessa.
Provo a riproporlo, tale limite, attraverso le seguenti considerazioni – e i conseguenti interrogativi – che proprio una ulteriore rilettura del Portfolio sollecita.
- Le difficoltà che si stanno avendo nell’affrontare il problema della Valutazione dei DS (e non solo) appaiono legate al fatto che non sono generalmente chiari e definiti gli oggetti della valutazione e le sue finalità; e quindi il suo senso. E non sono chiari – questi oggetti valutativi – perché non è chiaro e definito il profilo di ruolo del DS (cosa aspettarsi dal suo lavoro, le competenze di cui deve rispondere e rispetto alle quali essere quindi valutato). D’altra parte, nessuna fonte normativa l’ha chiarito e definito finora in modo appropriato.
Nelle fonti normative che ne parlano, non ci sono riferimenti espliciti, ad esempio, al tipo di lavoro ordinario di un DS. Si legge che è il rappresentante legale, che deve garantire una direzione unitaria dell’Istituto, che deve gestire, coordinare, promuovere. Ma si dà poco peso al compito prioritario di ogni singola giornata, che è quello di garantire il funzionamento del servizio: fare cioè funzionare ogni giorno, e al meglio (in coerenza con le sue funzioni istituzionali), la scuola che si dirige.
Si tratta di lavoro che – come sarebbe ovvio – si misura / si pesa sulla base del numero e delle specificità del personale da gestire, del numero e delle caratteristiche degli studenti che frequentano l’Istituto, degli ambienti e degli spazi da governare, delle relazioni da intrecciare e curare necessariamente, delle incombenze prevalenti e condizionanti, ma anche della rilevanza e del valore sociale dell’istituzione scuola.
Lavoro le cui ricadute (i risultati) si possono cogliere in termini: di clima scolastico, di senso di appartenenza, di spirito collaborativo più o meno diffuso, di decoro ambientale ecc.: che non dovrebbero essere proprio accidenti secondari nella valutazione di un DS. O no?
Una valutazione corretta – questa la prima domanda – può prescindere dal considerare questa area di rilevazione? La si può dare per scontata?
- In una organizzazione complessa come la scuola – che non è però, allo stato attuale, né vista/pensata, né attrezzata e gestita come tale (nel senso che: non è messa nelle condizioni di organizzarsi e gestirsi come organizzazione complessa: mancando di risorse adeguate e di figure di coordinamento e di presidio con un loro profilo riconosciuto di competenze e responsabilità) – si addensano sulla figura del DS una tale pluralità e complessità di compiti (alcuni dei quali tra l’altro non pertinenti) che, così stando le cose, non possono essere svolti decentemente neanche dai super-eroi di Marvel. Forse solo da Batman. Forse.
Gli interrogativi che ne conseguono: in che misura, modello e strumenti della valutazione proposta si fanno carico di questa oggettiva condizione distonica – se si può dire – del lavoro del DS? Che spazi ci sono perché tale situazione sia messa opportunamente in evidenza e permetta di rimodulare la valutazione complessiva? La valutazione prevista in che misura permette di dare il giusto peso – la giusta considerazione – ai condizionamenti negativi del funzionamento del sistema?
Esempi eclatanti: le reggenze, che continuano da un decennio a sfiancare, senza che si muova foglia, la gestione delle nostre scuole; o, ancora, i processi e le incombenze legati alla riforma della L. 107, non sempre chiare e, in più, distribuiti secondo un calendario che te lo raccomando … se vuoi però produrre disorientamento e disaffezione.
Ovviamente la sottolineatura di questi punti di attenzione non significa affatto mettere in secondo piano le “dimensioni professionali” considerate nel Portfolio. Nessuna sottovalutazione degli aspetti della professionalità del Ds che guardano agli obiettivi e alle azioni che nel Portfolio sono opportunamente proposti. Anzi! Solo un richiamo insistito su aspetti per così dire basici del lavoro DS, trascurati nel Portfolio.
L’autovalutazione improvvisata nella seconda parte.
Le sezioni del Portfolio che possono interessare per i nostri ragionamenti sono, come già si diceva, la terza, ma anche la seconda.
La seconda, dedicata alla Autovalutazione, già per come viene presentata, pone interrogativi. Si dice infatti testualmente che la sua compilazione è “facoltativa e riservata e non incide nella valutazione finale”. Quindi l’Autovalutazione è vista come sostanzialmente inutile nella complessiva operazione di Valutazione?
Se non è inutile, qual è allora il suo senso all’interno del Portfolio? Quale messaggio complessivo si vuole far passare? Che si tratta di operazione autonoma del DS, da tenere distinta rispetto all’”operazione valutazione” in sé? O si tratta di specchietto per le allodole? Ah saperlo!
Comunque il messaggio che passa è ambiguo, ove si consideri che l’Autovalutazione copre comunque uno spazio non trascurabile in ogni valutazione che si rispetti.
L’autovalutazione – in questa sezione – si concretizza nell’attribuirsi, da parte dei DS, un punteggio, graduato su 5 livelli (dall’eccellente all’inadeguato), per come si pensa di aver operato rispetto alle cinque “dimensioni professionali” del DS (le stesse che, nel comma 93 della L. 107/’15 – V. Quadro 1 -, sono indicati come “criteri” per la valutazione).
In base ai punteggi inseriti, il sistema genera automaticamente un diagramma a stella che “rappresenta il posizionamento del DS” e consente di identificare visivamente punti di forza e criticità (o della loro percezione?), relativamente alle “dimensioni professionali” considerate.
Anche ad una analisi ben disposta dell’intera sezione, non è possibile cogliere traccia delle dimensioni professionali del DS che si manifestano nel lavoro di ogni giorno e che sono fondamentali per un funzionamento appropriato della scuola.
La sensazione di non adeguata centratura del lavoro DS, e del suo ruolo complesso nella scuola di oggi, penso derivi proprio da queste “assenze”.
In un passaggio di questa sezione, dopo la figura del diagramma, è previsto un riquadro in cui il DS può (cito testualmente)”descrivere la situazione di contesto in cui si trova ad operare”: può essere considerato come uno spazio utile per tali recuperi?
A parte il fatto, non trascurabile, che tale descrizione “Non è un campo obbligato e se il dirigente lo ritiene opportuno può rimandare all’analisi del ‘Contesto e risorse’ interno al RAV”, è la genericità del richiamo che evidenzia la sostanziale disattenzione agli aspetti del lavoro ordinario del DS, attraverso il quale soprattutto si costruiscono le condizioni per la “ripartenza” a cui punta una scuola rinnovata.
Ancora una annotazione (non secondaria, penso) sulla modalità di fare autovalutazione qui prospettata e sulla considerazione riservata alla stessa. Per sottolineare come modalità e spirito che la informa sembrano prescindere dalla padronanza necessaria di specifiche competenze e strumenti. Gli stessi che si sarebbe dovuto garantire attraverso i percorsi formativi previsti dagli articoli 3 e 11 della Direttiva 36/2016.
Chiedere in giro cosa ne è stato di questi specifici momenti di formazione.
Quadro1 Sezione 2: Autoanalisi. Cosa coprono le 5 aree di autoanalisi
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Obiettivi, azioni e strumenti della terza sezione. Le assenze.
La terza sezione – fondamentale – riguarda, come è noto, gli obiettivi: nazionali, ma anche regionali e specifici (desunti, questi ultimi, dal RAV di Istituto – V. Quadro 2 -), definiti dalle Direzioni Scolastiche Regionali e presenti nella lettera di incarico del DS.
Le aree di rilevazioni sono le stesse considerate per l’Autovalutazione (le competenze/responsabilità specifiche), ma qui considerate in termini di obiettivi e azioni; ad esse si aggiungono altre che riguardano essenzialmente le funzioni di promozione, coordinamento e monitoraggio (la progettazione e la valutazione del curricolo, l’inclusione e la differenziazione, la continuità e l’orientamento).
Quadro 2 Sezione 3: Obiettivi nazionali e aree di rilevazione
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Che dire di quest’insieme di obiettivi – e delle azioni che richiedono – per essere raggiunti?
Certamente si tratta di obiettivi che sono dentro le “competenze” (nel senso di responsabilità, di comportamenti e azioni necessari per garantire alle scuole processi decisionali e attuativi efficaci). Le voci del quadro – corrette ed appropriate – e presumibilmente quelle proposte nell’incarico regionale sono le stesse che ricorrono generalmente nei Piani Triennali dell’Offerta Formativa.
Le zone d’ombra riguardano, anche qui, gli aspetti del dirigere, relativi al lavoro quotidiano del DS e alle ricadute a breve e a medio-lungo termine di tale lavoro.
Ricadute, nei termini già prima richiamati (clima interno, atteggiamenti più o meno collaborativi …); ma anche in termini di comportamenti e cultura professionale prevalenti (rispetto delle regole, l’orientamento al risultato, la cura dell’ambiente,….), che sono altrettanti indicatori dell’efficacia o meno del lavoro del DS.
Ritorna ancora l’interrogativo: la rilevazione dei risultati al riguardo può essere sezione trascurabile in una valutazione giusta ed efficace del DS?
Se la risposta è no – come dovrebbe essere, più o meno – diventano compiti impegnativi per il futuro prossimo: non solo promuovere una rivisitazione non di superficie dell’attuale modello di valutazione e avviare un ripensamento contestuale del Portfolio; ma anche progettare e realizzare – a più livelli – sperimentazioni ad hoc sull’intera operazione e i suoi strumenti.
Certamente un percorso più lungo. Non di molto però, se si crea un clima di fiducia e collaborazione, che è il problema grosso soprattutto di questa fase. Comunque, percorso più capace di incidere in profondità.
D’altra parte, su questi e altri processi e attività del lavorare a scuola, aggiustamenti, rivisitazioni continue, ottica del work in progress sono non solo auspicabili, ma obbligati.
Una annotazione finale – e non di poco conto – sulla sezione 3: manca, o in ogni caso non è evidente, la dimensione auto-analitica e riflessiva. Che comunque è, come già prima si accennava, un passaggio importante in un processo valutativo.
Conclusivamente. Ad essere franchi, non so se un’area di rilevazione degli aspetti qui richiamati e messi in evidenza introduca ulteriori elementi di complicazione nel processo valutativo, già complicato di suo (se fatto come Dio comanda). Certamente sì. So anche però che una valutazione del DS che non parta dalla valutazione del suo lavoro ordinario, è decisamente monca e forse anche poco produttiva.
Fare luce su questo tipo di lavoro porterebbe tra l’altro a far emergere anche disfunzioni, lentezze, molestie burocratiche dell’Amministrazione centrale e periferica e quindi la necessità di una valutazione che investa anche il gruppo dirigente dell’Amministrazione centrale e il suo lavoro.
Ma questo è un altro discorso. Che si può sempre sperare che non resti solo tale.
Un apprezzamento finale
Riguarda il Repertorio. Che nel Portfolio (terza sezione), viene presentato debitamente come uno strumento offerto ai DS (non obbligatorio, per carità: solo gesto di cortesia!) per orientarli nella “individuazione delle priorità curricolari condivise”.
Chi infatti – dopo l’elenco delle aree di rilevazione della sezione 2 (e loro articolazione) e il quadro degli obiettivi e delle azioni della sezione 3 (e loro articolazioni) – non avvertiva l’impellente necessità di essere orientato con un altro elenco di linee guida?
E l’offerta poi: con quale discrezione e quale premura!
Qui, secondo me, ‘gatta ci cova’!
Quadro 3 Repertorio. Lista di azioni per orientare il DS nell’individuazione di priorità curricolari condivise:
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[1] Si rinvia, sul dibattito, agli articoli e ai contributi apparsi sui siti delle Associazioni professionali (ANDIS in primis) e delle maggiori organizzazioni sindacali della scuola (una segnalazione speciale per il Notiziario Dirigenti Scolastici della FLC) e soprattutto su quelli di riviste on line, quali Scuola7, Notizie della scuola, Edscuola, ScuolaOggi, Pavone Risorse. Segnalo soprattutto i contributi di Franco De Anna, apparsi recentemente negli ultimi due siti.