Settembre 25

Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio

young people on 3d book pileSVILUPPO PROFESSIONALE E QUALITA’ DELLA FORMAZIONE IN SERVIZIO
“Nessun sistema scolastico può essere migliore della qualità dei suoi insegnanti”
di Rossella De Luca

Riaprire il discorso della professionalità all’interno della scuola non è mai stato cosa semplice, ma appare del tutto evidente quanto oggi questa scelta sia avvertita sempre più come necessaria, oltre che dal livello politico e sindacale, anche dagli stessi operatori della scuola, al fine di contrastare il rischio di ulteriore erosione della credibilità e della considerazione sociale, di essere percepiti come travet, come esponenti del basso ceto impiegatizio, tanto miseri nell’aspetto quanto monotoni nelle abitudini di vita e di lavoro, attenti più alla difesa dei propri “privilegi” che all’interesse generale del Paese: il riconoscimento di impegni e merito degli insegnanti, in termini quantitativi e qualitativi, richiede il rispetto di alcune condizioni tipiche della scuola, intesa quale ambiente di apprendimento e di promozione culturale, caratterizzato da essenziali relazioni sociali e collaborative.

Il contesto di lavoro “scuola” – in cui valorizzare “l’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo” prevista dal D.P.R. 275/1999 – rappresenta dunque l’ambiente elettivo per la formazione permanente dei docenti, che deve tradursi in una consapevole, concreta e attiva partecipazione alle innovazioni, alla progettualità esplicitata dalla scuola, allo sviluppo di reti professionali, anche per prendere in considerazione l’idea di un meccanismo di carriera che, accanto all’anzianità di servizio, valuti la progressiva acquisizione di più approfondite competenze didattiche e organizzative.

Se da un lato, infatti, l’obiettivo di fondo è far sì che tutti i docenti possano migliorare i propri standard professionali, in un’ottica di innovazione didattica, competenza professionale, capacità di relazionarsi con gli allievi, miglioramento della qualità del servizio soprattutto in termini di risultati di apprendimento degli alunni, dall’altro rendere pubblici e riconoscibili gli standard attesi può indubbiamente rappresentare uno stimolo alla crescita personale e professionale: uno sviluppo di carriera che proceda esclusivamente sulla base dell’anzianità può innegabilmente considerarsi “rassicurante”, ma di certo non è stimolante, né spinge verso soluzioni e scelte innovative. Senza negare il valore dell’esperienza, è tempo di concedere spazio alla riflessione, alla documentazione, alla certificazione di competenze acquisite, che attestino il raggiungimento di elevati standard professionali.

Per riflettere su questi aspetti e nello stesso tempo avanzare proposte concrete e sperimentabili, a settembre 2017 la Direzione generale per il personale scolastico del Ministero ha costituito tre gruppi di lavoro con l’obiettivo di puntare l’attenzione su alcune delle principali questioni del Piano nazionale di formazione 2016-2019, quale previsto dal comma 124 della L. 107/2015, in particolare su tre temi: “Standard professionali”, “Dossier professionale del docente”, “indicatori di qualità e governance”.

Interessanti opportunità per comprendere e approfondire nuove metodologie, valutarne la ricaduta sulla didattica, delineare un quadro per professionalizzare la formazione emergono dal documento pubblicato ad aprile 2018, che costituirà la base per la riflessione dei Collegi docenti e per l’elaborazione dei piani di formazione del personale a partire da settembre 2018.

Il documento, dal titolo “Sviluppo professionale e qualità della formazione in servizio” (1), sottoposto dal Ministero all’attenzione delle scuole, può rappresentare infatti un utile supporto per il mondo della scuola, al fine di riavviare – pur nell’attuale scarsa sintonia tra principi normativi e disposizioni contrattuali – una riflessione sugli strumenti a corredo della professionalità dei docenti, nella consapevolezza che essa è una leva fondamentale per lo sviluppo del proprio lavoro e che un numero sempre più consistente di docenti, come emerge da numerosi elementi e da monitoraggi realizzati sia a livello centrale sia dalle singole scuole, ritiene necessario aggiornarsi e acquisire nuove competenze ed è sempre più motivato e responsabilizzato, come ogni categoria di professionisti, rispetto alla necessità di un continuo aggiornamento professionale.

Al comma 124 della L. 107/2015, che rendeva la formazione “obbligatoria, permanente e strutturale”, modificando sostanzialmente l’approccio alla formazione e allo sviluppo professionale, senza però definire i confini di tale obbligo, ha fatto seguito il D.M. 797/2016, che – pur reticente in materia di definizione degli impegni individuali o collegiali per curare la formazione –  ha destinato ad essa ingenti risorse: 40 milioni di euro alle scuole per elaborare percorsi formativi mirati attraverso il PNFD (Piano nazionale di formazione docenti) e 386 milioni di euro direttamente erogati ai docenti sotto forma di bonus da 500 euro – la cosiddetta “carta del docente” – per sostenere le scelte individuali. Questa stessa CARD, però, connessa ai bisogni culturali e formativi, è stata purtroppo da taluni percepita come una sorta di risarcimento per il mancato contratto, piuttosto che come il tangibile riconoscimento di una specificità culturale della funzione docente.

La formazione in servizio non può essere più considerata come vuoto esercizio formale, che non è in grado di incidere sulla qualità del lavoro in aula, ma deve essere vissuta come elemento strutturale della professionalità docente: per far questo è indubbiamente necessario innovare le metodologie formative, facendo riferimento a una didattica di tipo laboratoriale, che favorisca la creazione di piccoli gruppi di ricerca, comunità di pratiche, sperimentazione in classe, creazione di contesti indicativi di quanto poi si dovrebbe trasferire nelle pratiche in aula con gli allievi. Va ricordato, tra l’altro, che la valorizzazione di impegni e meriti del personale della scuola, nei suoi aspetti sia individuali sia collegiali (e la precisazione non è di poco conto) è uno degli aspetti qualificanti del lavoro del dirigente scolastico (come precisato nel c. 93 della L. 107/205) e pesa per il 30 % negli indicatori della valutazione dell’azione dello stesso dirigente.

Nonostante il recente CCNL, sottoscritto ad aprile 2018, non definisca tempi, modalità, documentazione dei percorsi formativi, è certo che bisogna recuperare una consonanza tra diritto, funzionale alla realizzazione e allo sviluppo della professionalità, e dovere, funzionale a promuovere l’efficacia del sistema scolastico e la qualità dell’offerta formativa, senza enfatizzare il diritto (la facultas agendi) e senza nemmeno devitalizzare il dovere (la norma agendi), soprattutto alla luce della necessità di nuove e qualificate figure professionali in ambito scolastico (figure di staff, tutor per l’alternanza scuola-lavoro, coordinatore del piano annuale per l’inclusione, animatore digitale, responsabile per la valutazione, referenti per i più diversi ambiti), che certo non possono corrispondere, su un piano quantitativo ma soprattutto di qualità del sistema, esclusivamente a quel 10% di docenti che collaborano con il Dirigente scolastico in attività di supporto organizzativo e didattico, come delineato dal c. 83 della L. 107/2015. L’attuale sistemazione contrattuale in relazione a tali aspetti risulta, a dire il vero, poco soddisfacente (nella attuale tripartizione di orario di lezione, attività collegiali e impegni legati alla funzione docente) e ostacola il riconoscimento sociale di piena professionalità. E’ forse giunto il momento di aprire davvero una seria riflessione sul tempo di lavoro dei docenti, che non significa necessariamente aumentare i carichi orari, ma piuttosto renderli visibili, quantificabili, definiti in maniera non astratta, cogliendo quelle differenze che all’interno e all’esterno dell’universo scuola tutti apprezzano, ma nessuno è mai riuscito a quantificare e a valorizzare: l’impegno dedicato al proprio lavoro potrebbe rappresentare un primo criterio oggettivo utile a definire incentivi o a profilare diverse soluzioni contrattuali, così come una riflessione a tutto tondo sul lavoro dell’insegnante potrebbe consentire di aprire il discorso del riconoscimento del tempo di servizio, rendendo esplicito il lavoro “sommerso” del docente, la parte profonda dell’iceberg, che non si riduce – come tutti sanno – alle ore lezione in aula ma richiede attività di preparazione, predisposizione e correzione verifiche, formazione, rapporti con genitori e soggetti che a vario titolo entrano in contatto con il sempre più variegato mondo della scuola.

Più che dagli articoli del CCNL scuola relativi alla formazione, in attesa di una definizione puntuale, in termini di indicatori e descrittori, dei diversi profili professionali e di una possibile articolazione delle carriere, bisognerebbe ri-partire, nella consapevolezza di quanto sia cambiato negli ultimi anni il ruolo del docente, dall’art. 27 del CCNL scuola, relativo al profilo  professionale del docente, che recita: “Il profilo professionale dei docenti è costituito da competenze disciplinari, informatiche, linguistiche, psico-pedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali, di orientamento e di ricerca, documentazione e valutazione tra loro correlate ed interagenti, che si sviluppano col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistematizzazione della pratica didattica. I contenuti della prestazione professionale del personale docente si definiscono nel quadro degli obiettivi generali perseguiti dal sistema nazionale di istruzione e nel rispetto degli indirizzi delineati nel piano dell’offerta formativa della scuola”. Appare dunque evidente (ed è giusto che sia chiaro a tutto il personale della scuola) che esiste un esplicito collegamento tra sviluppo professionale dei docenti e miglioramento complessivo della scuola. L’obiettivo di fondo è far sì che tutti i docenti siano messi in condizione di migliorare i propri standard professionali, in termini di innovazione didattica, competenza professionale, capacità di relazionarsi con gli allievi. I valori, gli obiettivi e la cultura condivisa da coloro che operano nel mondo della scuola devono sostenere una buona causa: il miglioramento degli apprendimenti degli studenti.

Il documento MIUR che qui cercheremo di sintetizzare, indirizzato ai diversi protagonisti del mondo della scuola, propone scenari e soluzioni su uno sfondo di natura prevalentemente culturale, partendo da esperienze realizzate con successo in altri contesti internazionali.

Esso potrà rappresentare un utile strumento di riflessione e spunto di discussione nei Collegi dei docenti per orientarsi nelle scelte dei prossimi anni, nella consapevolezza che dall’alto si può riformare, ma è solo partendo dal basso che si potrà davvero riuscire ad operare una trasformazione e un reale miglioramento della qualità delle azioni formative e poi didattiche.

Attività formative si realizzano da sempre nelle scuole, negli ultimi due anni anche e soprattutto attraverso le reti di ambito e di scopo, ma qual è la qualità di questi percorsi formativi? Quale la ricaduta? Come fare a riconoscerli e a valorizzarli adeguatamente?

Come definire indicatori di qualità e protocolli necessari per migliorare i modelli formativi, delineare le caratteristiche delle unità formative nella loro articolazione metodologica, articolare i profili dei diversi soggetti impegnati nei percorsi formativi, definire gli standard professionali attesi, promuovere un miglioramento della qualità dell’insegnamento, prevedere forme di autovalutazione e di riconoscimento (crediti formativi, didattici, professionali)?

I docenti rappresentano il capitale professionale della scuola: non si può prescindere da una risposta a queste domande se si vuole creare un clima di maggiore responsabilità, favorire la condivisione e gli scambi professionali anche attraverso esperienze laboratoriali, costruire una reale comunità di pratiche.

STANDARD PROFESSIONALI

La prima delle aree analizzate dal gruppo di lavoro MIUR (coordinato dal Dirigente tecnico dott. Giancarlo Cerini) è stata quella relativa agli standard professionali che, alla luce dell’analisi di buone pratiche a livello nazionale e internazionale, ha cercato di delineare un profilo professionale del docente e i relativi standard, con possibile riconoscimento di crediti formativi e professionali. In un momento di profondi e rapidi mutamenti nella professione e più in generale dei contesti educativi, dinanzi a un progressivo sgretolamento della fiducia nella scuola, il ruolo del docente merita un profondo ripensamento e non può più essere rappresentato solo dall’orario frontale di lezione e dai relativi adempimenti, né tanto meno da una dimensione esclusivamente individuale. Mentre dal CCNL sono sommariamente messi in luce gli aspetti metodologici, relazionali, disciplinari (oltre che ovviamente didattici), il documento propone (e promuove) rubriche descrittive dei comportamenti da mettere in atto in relazione alle numerose aree legate alla gestione della classe, agli stili di comunicazione, alla sfera relazionale, all’attività di produzione e documentazione di materiali didattici e più in generale alla cura della professione. Ciascuno dei dodici standard è adeguatamente definito, ne vengono descritti i criteri di qualità e successivamente per ciascuno di essi sono individuati gli indicatori da esemplificare su tre livelli (principiante, base, esperto). Le cinque dimensioni (cultura, didattica, organizzazione, istituzione/comunità, cura della professione), che tengono conto dei diversi livelli della professionalità quale oggi si sta delineando, sono state elaborate sulla base di una ricognizione normativa e di analisi di proposte elaborate a livello internazionale.

Un ruolo importante è svolto dalla formazione permanente in servizio, anche se al momento ancora manca una quantificazione di un monte-ore da dedicare alla cura della propria professione, per la frequenza di corsi e attività che siano valutabili, certificabili ma che soprattutto abbiano una concreta ricaduta nella quotidiana prassi didattica e possibilmente nello sviluppo della professione del docente.

La proposta del gruppo di lavoro si conclude con l’intenzione di creare una rete di scuole, supportate da un Comitato scientifico, disposte a sperimentare tale modello di valorizzazione della professionalità e a elaborare descrittori degli standard, ipotizzare forme di curriculum professionale, certificazione e riconoscimento delle competenze acquisite, anche nell’ottica della creazione di un middle management e di una leadership diffusa: una proposta “coraggiosa”, basata sul riconoscimento sociale di questi standard professionali, per aiutare ad uscire dalla stagnazione contrattuale e retributiva che mortifica i docenti in servizio e non attrae i migliori talenti verso l’insegnamento.

DOSSIER PROFESSIONALE DEL DOCENTE

La seconda delle aree analizzate dal gruppo di lavoro MIUR (coordinato dal Dirigente Ufficio VI MIUR dott. Davide D’Amico) è stata quella relativa alla possibilità di creare uno strumento di documentazione, recupero, ricostruzione della storia formativa del docente, attraverso la raccolta di evidenze, descrizioni, riflessioni, come strumento di riflessione su una professione in continuo cambiamento.

Un self portrait, un teacher dossier, un digital portfolio, nell’ottica di un piano di sviluppo personale e professionale basato su quattro momenti fondamentali: selezione, riflessione, proiezione, pubblicazione.

Attraverso l’analisi di modelli di curriculum e portfolio sperimentati a livello nazionale e internazionale, è stato predisposto un modello implementabile anche in formato digitale, soprattutto attraverso l’utilizzo della piattaforma S.O.F.I.A., come “strumento-processo” per documentare l’evoluzione della professione nei diversi momenti, analizzandone l’utilità e le relazioni con il bilancio di competenze e il patto di sviluppo professionale, documenti al momento riservati ai soli docenti neo-assunti.

Il Dossier professionale rappresenta uno dei più importanti strumenti di valorizzazione della professionalità, momento fondamentale di riflessione nell’ottica del miglioramento personale, ma soprattutto della qualità del sistema di istruzione e degli esiti formativi degli studenti. Nei diversi step del proprio percorso lavorativo esso può servire a sostenere la coscienza di sé come professionista, ad acquisire la consapevolezza del proprio agire nell’istituzione o ancora a incoraggiare una maggiore attenzione verso le proprie modalità di lavoro, per indirizzare la formazione continua verso obiettivi mirati o risolvere specifiche problematiche legate al contesto.

L’idea di redigere su base volontaria un dossier professionale (non un semplice curriculum vitae, ma una sorta di portfolio formativo) potrebbe non solo agevolare la documentazione e la rielaborazione delle proprie esperienze professionali (e in questa prospettiva rappresentare uno strumento riservato e personale), ma anche favorire il docente nei passaggi cruciali della propria carriera (accesso al ruolo, mobilità, nuove funzioni, concorso per la dirigenza).  Lo sviluppo dell’autonomia scolastica richiede, infatti, la creazione di un articolato modello organizzativo, in cui numerose funzioni strategiche (staff del dirigente, coordinatori plesso/sezioni/classi/dipartimenti, referenti progetti, responsabili formazione/valutazione, referenti orientamento/inclusione/integrazione…) siano presidiate da personale in possesso di adeguate competenze (da documentare nel dossier-portfolio del docente) e con riconoscimento economico adeguato, legato allo svolgimento della funzione. L’idea stessa di carriera in ambito scolastico dovrebbe peraltro essere intesa come una serie di occasioni di crescita e di sviluppo professionale, basata sul lavoro didattico in classe; la competenza organizzativa e gestionale acquisita, d’altro canto, potrebbe essere riconosciuta per l’accesso a nuove funzioni (con meccanismi meno precari di scelta delle persone, sia in termini di riconoscimento e legittimazione, sia di verifica dei risultati ottenuti per l’organizzazione), quali ruoli di middle management (di cui sempre più spesso si avverte l’esigenza) o concorso dirigenziale. Il sistema dei test pre-selettivi, su cui si basa l’attuale procedura, potrebbe ad esempio essere sostituito da una selezione basata sulla valutazione del curriculum professionale dei candidati.

Se si vuole mettere al centro delle politiche scolastiche la figura del docente, non si può prescindere dall’individuazione di un modello possibile (ovviamente sempre migliorabile) di validazione e valutazione delle competenze, ma anche di verifica e validazione degli esiti, con momenti di autovalutazione e di valutazione esterna. Gli stessi risultati di tale attività dovrebbero confluire nel dossier professionale, insieme a una riflessione sulle esperienze e le competenze acquisite nel tempo, anche nell’ipotesi di un possibile sviluppo di carriera. Tutti aspetti imprescindibili per ritrovare il senso morale ed etico della professione.

INDICATORI DI QUALITA’ E GOVERNANCE

La terza delle aree analizzate dal gruppo di lavoro MIUR (coordinato dal Dirigente tecnico dott.ssa Loredana Leoni) ha avuto come obiettivo quello di individuare, anche alla luce delle numerose esperienze poste in essere dagli ambiti territoriali con il Piano Nazionale di formazione dei docenti, indicatori di qualità di modelli/proposte di formazione, declinabili in termini di unità formative (UF), in maniera tale da migliorare e uniformare le modalità di progettazione, gestione e attestazione finale dell’offerta formativa a livello di scuola, di ambiti e da parte delle associazioni e degli enti che si occupano di tale settore, con l’obiettivo di costruire uno strumento per riconoscere, valorizzare e certificare le attività e, più in generale, per qualificare la formazione in servizio.

Un’unità formativa (UF) si sostanzia essenzialmente in una sequenza coerente e compiuta di attività che, partendo dai bisogni individuati, presentino una precisa definizione delle competenze attese, delle metodologie adottate (formazione in presenza e a distanza, sperimentazione didattica documentata, ricerca-azione, lavoro in rete, approfondimento personale e collegiale, documentazione e forme di restituzione/rendicontazione con ricaduta sulla scuola, progettazione didattica), delle modalità di verifica dei risultati. Fondamentale risulta il ricorso a modalità di partecipazione attiva (attività laboratoriali, sperimentazione e condivisione di buone pratiche), con una figura di formatore che sia essenzialmente un “facilitatore” o tutor, più che un relatore esperto di contenuti.

In una tabella di facile lettura a ciascuna dimensione (personale e professionale, didattica e organizzativa) sono collegate azioni, figure, indicatori di qualità, attraverso un impianto volto ad accompagnare il docente in un ciclo riflessivo e soprattutto ad integrare la professione nel ciclo progettuale della scuola, che si sostanzia nel RAV, nel PDM e nel PTOF.

Il gruppo di lavoro si è occupato, altresì, di operare una descrizione dei profili e della formazione richiesta ai diversi soggetti impegnati nei percorsi formativi (progettisti della formazione, facilitatori, formatori, tutor d’aula), approfondendo anche i risvolti amministrativi, gestionali e contabili delle attività formative, sempre nell’ottica dello sviluppo della professione docente per il miglioramento degli esiti degli allievi.

In un’ottica di governance multilivello, al MIUR spetterà la definizione di strategie, priorità, allocazione delle risorse, gli USR avranno compiti di impulso, coordinamento e monitoraggio, gli ambiti territoriali promuoveranno azioni formative ben calibrate sui bisogni individuati, mentre le istituzioni scolastiche concilieranno la progettazione d’insieme con le esigenze individuali.

 (1) (È possibile visualizzare per intero sul sito MIUR al seguente link: http://www.miur.gov.it/-/sviluppo-professionale-e-qualita-della-formazione-in-servizio-documenti-di-lavoro)


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Posted 25 Settembre 2018 by admin in category articoli

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