Spesso si pensa ai quartieri periferici, e alle scuole ivi collocate, come a immutabili contesti di disagio e di degrado. Le periferie sono realtà fluide, dove la scuola a volte è l’unica agenzia educativa, che opera in mancanza di adeguati centri di aggregazione per la popolazione, soprattutto giovanile. Nell’immaginario collettivo prevale, dunque, una rappresentazione che associa la periferia urbana a conflitto, povertà e fragilità.
Assistiamo, di conseguenza, alla fuga delle famiglie italiane (con uno status sociale medio o medio/alto) che abitano in zone periferiche della città verso scuole delle zone centrali. Questo perché le famiglie pensano alle periferie come a zone di “segregazione sociale”, dove si concentrano situazioni problematiche che possano inficiare il percorso formativo dei propri figli.
In realtà le scuole periferiche, proprio perché rispondono a bisogni educativi diversi (si pensi agli alunni stranieri, nomadi, con situazioni di svantaggio sociale e culturale), sono molto “effervescenti”: attivano metodologie, strategie, azioni e idee per intercettare quelli che sono i bisogni di apprendimento e di crescita degli studenti, sperimentano differenti tecniche di insegnamento-apprendimento e sviluppano curricoli attenti alle diversità e alla promozione di percorsi formativi personalizzati.
La scuola che dirigo, Istituto Comprensivo Riccardo Massa, è un’istituzione scolastica statale della periferia Nord-Ovest di Milano che accoglie alunni stranieri, anche provenienti da comunità di accoglienza per profughi richiedenti asilo e per minori non accompagnati, alunni seguiti dai servizi sociali, anche collocati in casa famiglia con decreti del Tribunale dei Minori, oltre a una percentuale elevata di alunni con disabilità o con disturbo specifico dell’apprendimento.
Questa scuola ha sperimentato negli anni nuove soluzioni in risposta alle sollecitazioni di un’utenza che è diventata sempre più eterogenea: è stata tra le prime scuole ad attuare il tempo pieno nella scuola primaria, ha realizzato negli anni numerosi progetti per il successo formativo di studenti in difficoltà e contro la dispersione scolastica e ha sperimentato percorsi di insegnamento – apprendimento innovativi.
Attualmente sta lavorando incessantemente per aprire sempre più la scuola, anche in orario extra-scolastico, a studenti, genitori e al territorio, attraverso finanziamenti locali, ministeriali ed europei (si pensi ai bandi PON).
Altro aspetto di interesse è il ripensamento degli spazi scolastici, effettuato grazie allo straordinario apporto del Comune di Milano. L’“ambiente di apprendimento” è anche lo spazio all’interno del quale gli alunni apprendono e acquisiscono competenze. Non sempre questa consapevolezza è evidente e la scuola diventa un non-luogo, ovvero uno spazio privo di valore identitario, che come tale non può essere vissuto ma solo attraversato, come una stazione o un aeroporto. La qualità degli apprendimenti è fortemente condizionata dai fattori di contesto e prioritariamente proprio dai fattori ambientali. Un ambiente curato, colorato, personalizzato, è anche stimolante e capace di “educare” attraverso ciò che comunica: rispetto, ordine, positività, fiducia, accoglienza. L’ambiente coadiuva, supporta e stimola il rinnovamento metodologico-didattico.
In questo senso di rinnovamento, l’Istituto Riccardo Massa, al cui interno funziona, dall’anno scolastico 1969/70, un plesso di scuola primaria statale a metodo Montessori, ha avviato l’introduzione graduale dell’approccio metodologico montessoriano nella scuola secondaria nell’anno scolastico 2010/2011, divenuta sperimentazione strutturale con il D.M. n. 989 del 2016.
Il metodo Montessori ha sicuramente determinato nella scuola un aumento di progettualità attive, creando opportunità di contagio metodologico e un circolo virtuoso di idee e prassi a tutto vantaggio degli studenti.
Le innovazioni e le attenzioni nel “fare scuola” hanno portato non solo al mantenimento dell’utenza del quartiere, ma ad un aumento importante di richieste di iscrizioni di bambini provenienti da altre zone, anche dal centro della città. Un’istituzione di questo tipo richiede la lucida gestione di una forte progettualità, di risorse economiche (che, essendo derivate dalla partecipazione a bandi e concorsi, non sono certe e definite) e delle strategie per motivare, supportare e rilanciare il ruolo del docente che, in contesti così eterogenei, mettono in campo capacità professionali e personali in grado di accogliere le diversità per farle diventare opportunità di crescita per tutti.
Di fondamentale importanza risulta, inoltre, il coinvolgimento delle famiglie prima dell’iscrizione e durante la frequenza. L’inclusione sociale dei bambini e dei ragazzi passa anche da una buona integrazione delle famiglie nel tessuto sociale del territorio. Laboratori comuni, come cucina e/o falegnameria, sono aperti a tutti, grandi e piccoli, creando quella socializzazione necessaria per nuove competenze anche sociali. Attraverso momenti dedicati (incontri individuali e collettivi anche in presenza di esperti), si sostiene la genitorialità attraverso anche la conoscenza dei diversi servizi offerti dal Comune di Milano, come l’assistenza sociale e i consultori familiari.
Riallacciare i rapporti con il territorio permette di ricostruire il tessuto sociale, che a volte risulta sfilacciato nelle grandi metropoli, dove si perde il senso di essere comunità.
Questo è un esempio di come una scuola di periferia riesce ad essere identificata nel territorio come punto fermo, aperto e solidale nella crescita delle nuove generazioni, come capace di far acquisire competenze disciplinari, anche altamente performanti, e di cittadinanza in grado di contribuire alla creazione di quei legami sociali, culturali e interculturali che fanno di uno spazio una comunità.